PASSERI
Capace di squarci folgoranti nel quadro di una messinscena scarna e delicata, il film dell'islandese Rúnar Rúnarsson elude i luoghi comuni del racconto di formazione, calando la presa di coscienza dell'età adulta in un ruvido teatro di fertili contraddizioni.
I, DANIEL BLAKE
A dieci anni di distanza da Il vento che accarezza l'erba, Ken Loach si aggiudica nuovamente la Palma d'Oro a Cannes, ma il suo cinema è ormai di maniera, buono per indignarsi la domenica pomeriggio.
QUANDO HAI 17 ANNI
Téchiné è stato autore di pellicole di sottile tessitura filmica, ma la sua ultima opera non convince: schematica e stereotipata nel raccontare il conflitto d'amore tra due ragazzi di differente estrazione sociale.
MÓZES, IL PESCE E LA COLOMBA
Vincitore del 33° Bergamo Film Meeting, l'esordio dell'ungherese Virág Zomborácz è un surreale racconto di formazione che passa dal necessario affrancamento nei confronti della figura paterna.
LAMB
Primo film etiope nella selezione di Cannes, l’opera prima di Yared Zeleke parte dal voler restituire un'immagine del paese all'Occidente, ma parla la lingua troppo codificata del world cinema.
SICARIO
Nel thriller di Denis Villeneuve, a regnare incontrastato è il primato dello spazio: il confine tra Messico e Stati Uniti diviene così il teatro di una storia senza redenzione, senza giustizia e, soprattutto, senza fine.
WILD
Su sceneggiatura di Nick Hornby, Jean Marc Vallée gira un film autoreferenziale e privo di qualsiasi spessore, nel quale una duplice discesa agli inferi si trasforma in un salottino stereotipato e ridicolmente simbolico.
JIMMY’S HALL
Passo falso di Ken Loach che realizza un film manicheista e futilmente pedagogico: l'assenza di dimensione ideologica dei protagonisti si trasforma in un'assenza di dialettica interna all'opera, banalizzandone gli intenti.
IL CAPITALE UMANO
Virzì abbandona la commedia adattando un romanzo di Amidon. Ma la briosità del suo linguaggio e la vivacità dei suoi personaggi lasciano il posto a un dramma freddo e acritico, superficiale ed edificante.
FOXFIRE
Cantet si muove in un ambiente a lui non congeniale: la periferia americana degli Anni Cinquanta. Ma resta l'impressione di una narrazione filmica depauperata della propria potenziale (ed essenziale) forza politica.
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