AMERICANA/1
A dispetto del furore indignato e giocoso che mette in scena, Django Unchained di Quentin Tarantino è un’opera composta, quasi serena: un film che svela l'anima da rivoluzionario organico del figlio ribelle del cinema hollywoodiano.
AMERICANA/2
Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow, Lincoln di Spielberg, Flight di Zemeckis: ovvero come nei periodi di crisi della propria Storia, il cinema americano sente la necessità di tornare alla politica.
THE GRANDMASTER
Dieci anni per approntare il "biopic" sul il maestro Ip Man. Ma l'intento iniziale si è ormai disperso in mille rivoli affascinanti: messi da parte sceneggiatura e montaggio, Wong si abbandona al piacere dell'incompletezza.
L’AGE ATOMIQUE
Vincitrice del premio FIPRESCI nella sezione Panorama della Berlinale 2012, una pellicola enigmatica e romanticamente disperata, che in poco più di un’ora riesce a condensare lo spleen e la vitalità dell’età inquieta.
ROOM 237
Il film di Rodney Ascher ci parla dell'eterno ritorno dell’interpretazione feticistica dei film, partendo dalla pellicola più ermetica della storia del cinema. The end of the cinephilia as we know it.
CLOUD ATLAS
Prendendo a modello un caposaldo della storia del cinema come "Intolerance" di Griffith, i Wachowski e Tykwer ci regalano un ambizioso guazzabuglio divertente a tratti, ma noioso e predicatorio nel complesso.
LA MIGLIORE OFFERTA
Tornatore imbastisce un thriller apparentemente rigoroso e glaciale in opposizione all’enfasi lirica dei suoi kolossal. Ma l’adesione ai cliché del genere, trasformano il film in un vuoto esercizio di stile.
FAT SHAKER
Vincitore a Rotterdam, il film iraniano si colloca in una evidente presa di distacco dal cinema "dei padri". Lo sguardo del regista cinico e astratto tratteggia un conflitto generazionale, tra vecchi dinosauri e giovani sordomuti.
LA BICICLETTA VERDE
Presentato a Venezia Orizzonti, il film di Haifaa Al-Mansour è il primo in Arabia Saudita ad essere girato da una donna, che con tocco leggero, sa costruire ambienti e personaggi. Una piacevole sorpresa.
IL SOSPETTO
Nel suo ultimo film, Vinterberg disegna una comunità (globale?) autosufficiente, nel quale i personaggi, tipizzati e quasi bidimensionali, sono ingranaggi di supporto per una narrazione meccanica.
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