L’ESTATE DI GIACOMO
L’Italia, potenza provinciale dell’Europa, torna a esalare un cinema europeo, vivo, grazie al film di un esordiente in grado di assumersi la responsabilità del proprio ruolo e della propria fantasia.
THIS MUST BE THE PLACE
Il deludente blockbuster di Sorrentino, compendio esemplare di temi e stili del regista: un protagonista dal volto impassibile, elaborati movimenti di macchina, una fotografia curatissima e una colonna sonora studiatamente eclettica.
RED STATE
Il nuovo film di Kevin Smith, considerato un po' pigramente come un regista di commedie, è un ottimo punto di partenza per ragionare su ciò che il cinema horror, statunitense e non, non è più in grado di fare.
A DANGEROUS METHOD
Il film in costume di Cronenberg non tratta solo della rivalità tra Jung e Freud: è anche un'opera brulicante, carica di energia trattenuta, un romanzo realista in bilico sull’abisso che apre alle oscurità delle mente.
MELANCHOLIA
Con la messa in scena di un matrimonio scellerato sul quale incombe un'imminente catastrofe, Von Trier ribadisce che i riti familiari non sono altro che simulacri delle certezze borghesi e come tali vanno distrutti.
DRIVE
Un riuscito omaggio al post-noir degli anni '70 ma, con buona pace degli agguerriti difensori, Refn deve ancora girare il film capace di sgombrare il campo dagli equivoci e mettere d'accordo i recalcitranti.
UNA SEPARAZIONE
Arriva nelle sale italiane il film vincitore dell'orso d'oro all'ultimo Festival di Berlino. Un'opera kafkiana, tra le migliori del 2011, una narrazione forte in equilibrio tra allegoria e realismo di denuncia.
SHAME
La degradante discesa agli inferi di un uomo ossessionato dal sesso. Un'opera che fatica a nascondere i propri intenti discutibilmente moralistici dietro la patina di uno stile elegante e ricercato.
LA PELLE CHE ABITO
Il corpo come prigione dell’identità sessuale. Un tema che non nuovo per Almodóvar, questa volta declinato con distacco chirurgico a tinte dark e thriller, sfuggendo le calde forme avvolgenti del melodramma.
RUGGINE
L’abile lavoro su visi e corpi di non-professionisti e la vena per un’immagine spigolosa, evocativa e non conciliante del torinese Gaglianone facevano sperare per il meglio. Ma il risultato è un film squilibrato e imperfetto.
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