VENEZIA 73: LA SOGLIA MEMORIALE
Con Austerlitz, presentato Fuori Concorso, Loznitsa mette a fuoco l'orrore della museificazione dei campi di concentramento e di sterminio, interrogandosi sulle possibilità e sui luoghi di sopravvivenza della memoria.
MELANIE, UN GORILLA A TEATRO
Der Wald vor lauter Bäumen, esordio alla regia di Ade, rivela già la capacità della regista di "inquadrare" personaggi inadeguati al proprio ruolo all'interno di una narrazione lineare, ma solo apparentemente elementare.
LE MILLE E UNA TESTIMONIANZA
L'uscita del cofanetto Shoah and Four Films After Shoah ci ricorda quanto Lanzmann senta ancora la necessità di insistere nella mappatura dell'evento che più di tutti segna la zona d'indifferenza tra l'umano e l'inumano.
CONTRO IL CINEMA ADDOMESTICATO
Carlo Hintermann, produttore e filmmaker tra i più eccentrici d'Italia, racconta la sua "prassi" produttiva, tra la convinzione di sostenere autori visionari e quella di rifiutare la nicchia come pubblico privilegiato.
IL FIGLIO DI SAUL
Il folgorante esordio di László Nemes: un film che mostra tutta la potenza dello stile quando viene piegato alla necessità di ciò che si racconta, dove i vivi, i morti, i sommersi e la parola umana perdono i propri margini.
TFF33: A FIANCO DEL MACELLO
Presentato al FID Marseille e vincitore dell'Internazionale.doc al TFF, Fi Rassi Rond-Point di Hassen Ferhani ruota attorno alla quotidianità di un mattatoio algerino, sezionandone metodicamente gli spazi e i tempi.
THE LOBSTER
Nel suo nuovo film, Yorgos Lanthimos si confronta con un mondo senza distanze, affidando a un conformista disfunzionale il compito di rifuggire l’inesorabile inquadramento all’interno del sistema.
IL CANTO DEI BRIGANTI
Con Chant d’Hiver, Iosseliani scrive un nuovo capitolo della sua personalissima parodia sul potere raccontando la scalata sociale di una borghesia che si fa largo a forza di decapitazioni e sgomberi.
ARCHITETTURE D’ALTERITÀ
Rabin the Last Day non è solo la ricostruzione di un omicidio e di un’inchiesta, ma anche un corpo a corpo di Amos Gitai con l’ovvietà delle immagini e lo status quo della politica israeliana.
LEVIATHAN
Zvjagintsev, al suo quarto lungometraggio, scava in profondità per realizzare il proprio quadro sulla Russia contemporanea, finendo per costringere lo spettatore all’interno del suo Leviatano.
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