Accanto a noi vi sono realtà che, anche senza essere mai visitate, si offrono come un qualcosa che, anche lontanamente, ci appartiene. È questo che accade in Lala di Ludovica Fales, in cui il gioco di specchi fra realtà e finzione riflette non solo la micro-esperienza di una giovane ragazza rom alla ricerca di documenti di cittadinanza, ma anche la macro-esperienza della lotta per un futuro migliore.
Il film, vincitore del Premio MyMovies al Bellaria Film Festival e del Premio Corso Salani alla 35a edizione del Trieste Film Festival, viene descritto dalla regista come “una storia che aveva la necessità di essere raccontata, con tutte le sue complessità e all’interno di una dimensione collettiva che includesse l’autonarrazione da diverse prospettive”. Già dal primo minuto, infatti, veniamo immediatamente catapultati in un racconto in cui, al campo della finzione, si sovrappone il controcampo della realtà, ovvero della complessa situazione delle giovani generazioni di immigrati alla ricerca delle proprie radici; la stessa diciassettenne Lala, interpretata dalla giovane attrice non professionista Samanta, interpreta a sua volta Zaga, una ragazza nata e cresciuta in un campo rom.
L’idea iniziale della regista era raccontare il desiderio della diciassettenne di ottenere il permesso di soggiorno; dopo numerosi tentativi, la giovane sparisce senza lasciare alcuna traccia. Da questo infelice epilogo ha origine il desiderio di Fales di dar voce a tutti quei giovani rom e sinti costretti a vivere le stesse difficoltà di Zaga.
All’interno del flusso narrativo in cui giovani attori mettono in scena personaggi reali, trovano spazio ulteriori esistenze come quella di Rahma, rifugiata siriana e migliore amica di Lala, capace di far sentire la sua voce non con il suono delle parole, ma con gli echi di sorrisi, mostrando come, prossimamente, vi saranno sempre più vicende capaci di imprimere nell’immaginario, cinematografico e non, nuove orme. Nel frattempo, sostiene ancora Fales, “è fondamentale come queste confessioni abbiano mosso i giovani a prendere una posizione, e che il film abbia offerto loro gli strumenti per pensare attivamente”.