Avrei la forza di sopravvivere al dolore? Avrei il coraggio di diventare madre durante la guerra? Avrei la fermezza di filmare tutto questo?
Siria, Aleppo. 19 Luglio 2012, 22 dicembre 2016: l’inizio e la fine dell’assedio, forse il più sanguinoso del nuovo millennio. Nella nostra memoria c’erano ancora le immagini di Sarajevo. Chi ha vissuto questa tragedia sa che, in realtà, la vera guerra è iniziata quarant’anni prima, con la salita al potere di Hafiz al-Asad e la nascita del partito socialista Ba’th. Poi, nel 2000, il figlio Baššār al-Asad prende il suo posto, diventando l’attuale Presidente della Siria e il Comandante delle Forze Armate siriane. Seguiranno eventi sconvolgenti: la Primavera di Damasco, la sintonia con il governo estremista iraniano, le manifestazioni pacifiche e quelle più violente, Al Quaida. Fino all’accordo con i Russi e l’appoggio di Hezbollah, Iraq, Cina e Corea del Nord, per sopprimere le forze ribelli che lottavano contro il regime politico. E che provavano ad instaurare un governo salafita nel loro Paese. Più di 30.000 morti solo ad Aleppo, fra zona Est e zona Ovest. La città sarà evacuata definitivamente alla fine del 2016. I ribelli superstiti vivranno quest’imposizione come una sconfitta più dolorosa della morte, perché chi è morto non soffre più.
Una giovane donna, Waad al Kateab, sceglie di andare a studiare in questa città prima che gli aerei comincino a bombardarla. Si occupa di giornalismo, ha appena vent’anni. Appassionata di politica e mossa da un genuino senso di libertà, partecipa ad ogni manifestazione contro al-Asad. Filma tutto. In breve tempo, diventa lo sguardo di riferimento per chi fuori dalla Siria vuole scoprire cosa sta accadendo. Le prime immagini di esecuzioni a tappeto. I primi cadaveri affogati. Poi le bombe, gli aerei che volano nel cielo. “Cielo” è il nome che sceglie di dare a sua figlia primogenita, Sama. Il nome di una figlia che rappresenta la speranza di poter tornare guardare nuvole e sole, anziché colonne di fumo e macerie.
Waad al Kateab filma ogni momento, per l’intera durata dell’assedio ad Aleppo. Filma morte e vita, talmente intrecciate fra loro da diventare un tutt’uno. Le giornate sono scandite dalle esplosioni, i cecchini presiedono le strade. Ma gli abitanti della zona Est, la zona “libera”, continuano ad andare avanti nella speranza di non perdere quel senso di unità, anche se le risorse scarseggiano sempre di più. Il marito di Waad, Hamza, è uno fra i pochi medici della città in grado di assistere i feriti. Negli ultimi venti giorni dell’assedio, dice, ha eseguito personalmente più di ottomila operazioni.
Più che un film, For Sama è la documentazione straziante e tenace di un vita vissuta sotto le bombe. Una donna che ha appena perso il figlio grida alla telecamera “Filma tutto! Tutti devono vedere cosa sta succedendo!”. Quei tutti siamo anche noi, spettatori scandalizzati e braccati dal senso di impotenza che giustifica ogni sguardo rivolto altrove. Wanted è la casa distributrice che ci permette di vedere questo film in sala, come a suo tempo si era impegnata a mostrare Eau Argénte – Autoritratto siriano, di Wiam Bedirxan e Ossama Mohammed (2014), un tragico mosaico composto da centinaia di filmati realizzati da altrettante vittime e carnefici, un’altra opera che, oltre a testimoniare la brutalità del nostro presente, cambiava nuovamente le carte in quel che eravamo abituati a chiamare cinema. E sapeva dimostrare come certi sentimenti che le immagini portano con sé siano difficili da contenere entro il perimetro rettangolare di uno schermo.
Così come risulta difficile riassumere in poche righe oltre vent’anni di storia (quella dello scontro siriano e quello della vita di Waad), risulta difficile per la regista raccogliere nell’arco di un’ora e quaranta tutta la vicenda dell’assedio. Allo spettatore resta il compito morale di assistere alle immagini di questa guerra, ben oltre la superficialità informativa che attraversa le televisioni. Usciti dalla sala, camminando per le strade di città lontane da quella tragedia, riaffiorano alcune immagini del film. Bambini che si tuffano dentro piscine scavate dalle esplosioni, formiche che galleggiano sul pelo dell’acqua in una bacinella di riso, un gruppo di medici che si scalda attorno all’involucro di un missile appena caduto, il tentativo di far ricrescere i fiori del giardino di casa. “Non possiamo permettere che quel che abbiamo piantato e che stava crescendo così bene, sia distrutto da una bomba”. Il sorriso di Sama appena sveglia.