Joshua e Benjamin Israel sono due gemelli omozigoti cresciuti in una famiglia di tradizione ebraica. La loro storia inizia sul finire della scuola superiore, il momento in cui nasce urgente un dubbio: che voglio fare nella mia vita? Se questa domanda può sembrare a volte fin troppo banale, non lo è per i due protagonisti de La timidezza delle chiome, film d’esordio di Valentina Bertani. Entrambi vogliono diventare grandi, anche se questo significa cose diverse per i fratelli: se uno vuole fare l’amore, l’altro vuole scopare, se uno vuole partire, l’altro vuole restare, se uno ama Roma, l’altro Milano. Si stanno vicini, quasi addosso, urlandosi in faccia per poi respirare piano un attimo dopo, come due abituati ad abitare lo stesso spazio. Benjamin e Joshua, infatti, stanno cercando rabbiosamente di costruire il loro posto in un mondo che non sempre li accoglie come vorrebbero: avere vent’anni e un naturale carisma unito a una buona dose di spavalderia non basta se hai una disabilità intellettiva. Tra tenerezza, aggressività, paura ed eccitazione, La timidezza delle chiome non risparmia nulla e non ha timore di mostrare tutte le sfumature del sentire dei suoi protagonisti, non sempre amabili e mai accomodanti, spesso sfrontati, dotati di un’ironia e di una presenza scenica che graffiano lo schermo. Come dice Bertani «sembrano i figli di Harmony Korine».
Dal suo canto, portandosi dietro un bagaglio che spazia dai videoclip musicali ai fashion film all’advertising, Valentina Bertani utilizza una varietà di supporti mediatici – dai social media ai filmati d’archivio della famiglia Israel ai cartoni animati – per costruire un racconto stratificato e complesso del percorso di crescita e delle nodose personalità dei due fratelli. Anche la sua ispirazione è caleidoscopica e fa del film un oggetto riflettente, come quelle biglie che cambiano colore a seconda di come la luce le attraversa. Il montaggio ricalca, infatti, le soluzioni seducenti del videoclip, sapendo dosare la mano e trovando un equilibrio tra il racconto familiare di formazione e la forza ibrida delle immagini. Le guide con il padre, il campeggio ebraico, i primi incontri amorosi, le giostre e il viaggio finale in Israele: la vita dei due fratelli segue strade diverse, ma solo di poco, e le immagini di Bertani immortalano un lento processo di naturale distacco, che per due fratelli gemelli omozigoti ha modalità e significati singolari.
Abituati a seguirsi ovunque, dandosi fastidio ma anche supporto a vicenda, Benjamin e Joshua dovranno imparare a non farsi ombra, a lasciarsi spazio. Presentato alla Giornata degli Autori della 79ª Biennale Cinema di Venezia, vincitore ai Nastri d’Argento e candidato ai David di Donatello 2023 come miglior documentario, La timidezza delle chiome gioca d’azzardo sul confine tra fiction e documentario. La tensione estetizzante, l’uso ritmato delle cesure tra i materiali di diversa natura che immergono i personaggi nel loro presente, come attraverso la ripresa delle loro chat live, la messa in scena che non diminuisce la verosimiglianza ma asseconda la ricerca di autenticità della regista, si mescolano in un film sfrontato e delicato almeno quanto i suoi protagonisti.