Nella taiga siberiana, a cinquecento chilometri dal villaggio più vicino, vivono due famiglie: i Braguine e i Kiline. Essi non si rivolgono la parola da anni. Conducono la propria esistenza seguendo rigidi principi di auto-sufficienza e, nella loro lotta per la sopravvivenza in una terra ostile, le asprezze della natura selvaggia e la presenza degli animali feroci sembrano essere poca cosa rispetto alla minaccia realmente sentita dalla piccola comunità: l’essere umano, l’Altro.
Clément Cogitore, giovane regista già laureato alla Semaine de la Critique col suo primo lungometraggio Ni le ciel ni la terre, intraprende un percorso in una terra contesa, nella Siberia profonda: una terra raggiungibile dopo un lungo viaggio nel fiume Enisej. In questo scenario di conflitto post-tribale (erede del movimento ortodosso dei Vecchi credenti, che dai tempi degli zar rifiuta l’autorità dello stato russo), dove alle armi si sostituiscono apparecchiature di sorveglianza e spionaggio, si oppone al mondo degli adulti, separati da una piccola recinzione, il mondo dell’infanzia.
La tensione tra i due nuclei familiari è palpabile: il teleobiettivo di Cogitore mostra i capifamiglia che si sorvegliano reciprocamente a distanza, forse per tenere sotto controllo la minaccia o forse per scorgere anche un timido tentativo di offesa, che possa giustificare eventuali interventi. Nei boschi, mentre la camera segue la battuta di caccia dei Braguine, il vero obiettivo della missione non sembrano essere le bestie, bensì i Kiline: il territorio è fonte primaria di sussistenza e quindi oggetto di conquista, e non si può permettere che gli odiati rivali ne mantengano il predominio, ancor più se questo si regge con metodi di caccia invasivi e dannosi.
Mentre gli adulti si scrutano in attesa di un primo attacco che nessuno sembra voler compiere, c’è una zona franca dove i figli di ambedue le famiglie condividono lo spazio di gioco: nella piccola spiaggia sul fiume, apparentemente fuori dal conflitto in atto, i rampolli dei contendenti scambiano qualche timido contatto, perlopiù visivo. I fratelli maggiori però, forse già istruiti dai loro padri, sembrano già serbare quel rancore atavico e inspiegabile per i più piccoli, che con qualche perplessità osservano i movimenti dei più grandi con le barche ormeggiate sui piccoli moli adiacenti alle loro abitazioni.
Quando il conflitto sembra sublimarsi unicamente in un incrocio di sguardi a distanza e parole minacciose nel focolare domestico, un nuovo nemico prende forma: un gruppo di bracconieri, con atteggiamento para-militaresco, sbarca in elicottero sulla spiaggia. I bambini vengono portati via mentre gli adulti, abbandonati dai pochi referenti dello Stato nel loro territorio, provano invano ad affrontare i nuovi arrivati. La contesa, finora silente e poggiata sul fattore comune dell’auto-sussistenza si spinge su un nuovo livello, asimmetrico, dove un elemento esterno sovverte gli equilibri atavici del territorio per gettarvi sopra le basi di una nuova appropriazione dei beni che questo produce.
La relazione dell’uomo con la propria terra e la maniera in cui questi costruisce il proprio paesaggio sembrano essere il centro di Braguino: nella contesa, Cogitore non viene sfiorato dall’idea di chiamare in causa entrambe le parti in gioco, bensì, senza alcun intervento che possa favorire lo scontro, accetta di assumere la posizione di osservatore come “ospite” della famiglia Braguin, e in particolar modo, di abbassare il punto di sguardo all’altezza dei bambini. È proprio sui limiti della loro veduta che si instaura la relazione tra la camera e gli altri abitanti del luogo, siano essi i membri del proprio ceppo familiare o i rivali Kiline.
Sul piano sonoro le voci e i rumori della natura si mescolano con le trasmissioni radio, punto d’ascolto privilegiato – nonché unico – per oltrepassare il recinto domestico, limite invalicabile, naturale solo in apparenza, poiché frutto dello scontro tribale. Quando la barriera sociale nega lo sguardo, è la musica a divenire strumento retorico, talvolta ben oltre la semplice suggestione: all’aspetto epico del duello e delle tensioni presenti nel mondo degli adulti, Cogitore preferisce sviluppare un discorso onirico, più prossimo al punto di vista innocente dell’infanzia. D’altronde, le ragioni profonde dello scontro continuano a rimanere perlopiù inintelligibili tanto ai membri più piccoli della famiglia così come allo spettatore.
L’arrivo dei bracconieri rompe però il dispositivo: se fino al momento la presenza della camera, all’interno dei limiti delle relazioni sociali, viene tollerata come un membro in più della famiglia, i cacciatori armati impongono l’interruzione di ogni ripresa. Ogni ordine sociale ha il proprio sistema di rappresentazione, e l’irruzione di un elemento terzo nella contesa, sembra suggerire Cogitore, azzera la possibilità di un confronto mediato con esso.