Basato sul romanzo Tony and Susan di Austin Wright, Nocturnal Animals, opera seconda del regista/stilista Tom Ford premiata con il Premio della Giuria a Venezia, nasce da un’elaborazione stratificata di piani drammaturgici che interagiscono e tentano di fondersi in un discorso metanarrativo il cui scopo è di descrivere il rapporto di unitarietà tra l’opera letteraria e il lettore stesso. La storia nella storia (ri)prende il via ogni volta che Susan (interpretata da Amy Adams) si dedica alla lettura del manoscritto inviatole dall’ex marito Edward (Jake Gyllenhaal), dando vita alla messa in scena cinematografica della vicenda nel momento esatto in cui inizia a leggerla, per poi interromperla quando ne riemerge fuori, emotivamente scossa dal fatto di essere diventata essa stessa parte di ciò che stava leggendo.
Donna seducente e artista ben affermata nella high society losangelina, Susan condivide con il marito un matrimonio che mostra segni di irreversibile deterioramento: è infelice e si sente in colpa di esserlo, prova una totale disaffezione per la propria arte. Il prologo del film è incentrato sull’inaugurazione della sua performance di body-art (da lei stessa definita “spazzatura”), in cui vengono esibiti i corpi di donne obese, danzanti con cappelli da majorette o in pose plastiche alla Francis Bacon, espressione di un’oscenità di carattere socioculturale tipicamente americana ma allo stesso tempo asservita alla sua arte borghese (lo stesso si potrebbe dire della patina estremamente estetizzante del film, dal momento che Tom Ford pare irridere e allo stesso tempo appropriarsi stilisticamente del mondo glamour di cui la sua vita, umana e professionale, è parte).
Nella lettura della bozza del torrido e violento romanzo noir capitatole tra le mani (che Edward provocatoriamente le ha dedicato), Susan trova una forma di paradossale escapismo dalla glacialità della propria solitudine esistenziale, per calarsi in una sublimazione letteraria dell’atroce sofferenza e del risentimento che Edward prova a causa della loro separazione. Brutale è infatti quello che accade la notte nel deserto texano, in cui l’alter ego di Edward, Tony, incapace di proteggere ciò che ha di più caro, si rivela impotente quando se lo vede far portar via da tre psicopatici. Tom Ford riesce bene nel far sì che ad angosciare nella sequenza del rapimento non sia tanto la costruzione drammaturgica degli eventi in sé, quanto il fatto che lo spettatore sia consapevole di essere alla mercé di un narratore in preda all’autocommiserazione, deciso a vendicarsi trasmettendo alla propria specifica destinataria la più grande sofferenza possibile. Sono i tre teppisti psicopatici gli “animali notturni” del titolo, rapaci così come Susan era stata sentimentalmente rapace nei confronti dei sentimenti di Edward; è lei stessa il vero e proprio animale notturno del film.
Il film tuttavia non è capace di mantenere il pathos scaturito dalla giustapposizione dei piani narrativi inizialmente così potente, e la realizzazione della vendetta di Tony nei confronti di chi gli ha portato via tutto diventa scontata e calligrafica anche nella reazione che suscita in Susan dopo ogni lettura, la quale, lasciandosi andare ai ricordi, introduce un terzo piano narrativo in cui rivive i momenti salienti della propria relazione con l’ex marito. È qui che si chiarisce un aspetto fondamentale della travagliata fine del rapporto tra i due personaggi: la relazione che entrambi hanno con la propria arte. Susan infatti, mancando di una reale fiducia in se stessa, vive in modo tormentato il dilemma della scelta tra il potersi garantire una vita agiata e l’imparare a esprimere la propria arte, finendo per avere la prima e considerare inautentica la seconda. Edward, invece, malvisto dalla famiglia di lei, ha fiducia sia nel proprio talento che in quello di Susan; quanto più cerca di motivarla, tanto meno si accorge del progressivo allontanamento di lei (che deciderà di “abortire”, in tutti i sensi, il frutto della loro relazione), e sviluppa così un rapporto talmente autentico con ciò che scrive da essere ossessivo e lacerante anche a distanza di due decenni, creando un gioco al massacro dal quale nessuno esce vincitore, se non il romanzo, mostruoso figlio di carta e inchiostro nato dalle nefaste conseguenze di un amore perduto e mai dimenticato.