Che il progetto de Le ragazze del porno, nato quattro anni fa dallo sforzo congiunto di dodici filmmaker italiane, fosse anzitutto politico, è stato confermato dall'uscita dei primi due di dieci corti in programma: Queen Kong di Monica Stambrini e Insight di Lidia Ravviso e Slavina, proiettati pochi giorni fa al Milano Film Festival.
La motivazione politica che lega questi corti è semplicemente quella di associare le donne a una riflessione aperta e pubblica sulla sessualità, di sdoganare la rappresentazione esplicita dell'atto sessuale fatta da e per le donne. Dopo il boom di Erika Lust, dopo il proliferare di performer indipendenti e radicali dedite al genere, e soprattutto in un'epoca di costante pornificazione dell'immaginario, indipendentemente dai generi sessuali, può sembrare un progetto anacronistico e ingenuo, se non fosse che i recenti fatti di cronaca (in primis quello drammatico di Tiziana Cantone, la donna che si è uccisa per via del ludibrio di cui è stata vittima in seguito alla diffusione di un video amatoriale che la vedeva coprotagonista) smentiscono questa facile hybris intellettualistica. Una volta in più, tocca ribadire che la sessualità femminile non è un tabù, che le donne hanno diritto alla rappresentazione del proprio desiderio e del proprio godimento, e soprattutto che il femminismo può essere anche "sex-positive".
Per farlo, le ideatrici del progetto si sono date un nome volutamente provocatorio. Quando si tratta di pornografia, e specialmente in Italia, le donne che la fanno devono scontrarsi con un doppio stigma. Da un lato quello di stampo cattolico/conservatore, che pone ancora il veto sulla sessualità, non solo femminile – si vedano a questo proposito le critiche dell'Agensir, agenzia di stampa cattolica, alla proiezione di Queen Kong a Pesaro. Dall'altro quello (vetero-)femminista che vede nella pornografia una forma di sottomissione della donna sia a un immaginario patriarcale che al mercato (l'esempio più recente e noto è quello del libro della filosofa Michela Marzano La fine del desiderio. Riflessioni sulla pornografia). Questo secondo fronte, pur con le sue buone ragioni, trascura due aspetti del fenomeno. Il primo è la diffusione capillare del porno, la sua trasversalità e la sua ormai innegabile presenza nel discorso e nella pratica pubblica, un dato di fatto che rende vana e controproducente ogni volontà censoria e costringe a confrontarsi con la questione, operando dei distinguo. Il secondo è infatti l'esistenza di una pornografia autonoma (detta post-porn, alt-porn, queer-porn, o anche feminist-porn) che si sottrae alle regole dell'industria sia nel modo di produzione che nell'immaginario che propone. Pur ribadendo nel loro video programmatico l'auspicabilità di un finanziamento pubblico per il loro progetto, anche le ragazze del porno hanno cercato di fare del porno femminista autofinanziandosi grazie al crowdfunding, allo scopo di portare alla luce questo universo sommerso, ma in relativa buona salute, per sollevare il velo di ipocrisia che nel nostro Paese ancora circonda certe pratiche.
È all'interno di questo progetto ambizioso e autonomo che va quindi valutata l'operazione: cercando di comprendere, cioè, se il fine preposto sia stato raggiunto, se i mezzi per il raggiungimento del fine fossero pertinenti e così via. Obbedendo cioè a un criterio di “autonomia etica” del progetto.
Del resto, riflettere sui film altrimenti sarebbe difficile, forse impossibile: quello che le registe intendono realizzare è un nuovo genere cinematografico indisgiungibile dalle intenzioni delle autrici e dal contesto di produzione, e dunque valutare le opere in termini di autonomia estetica risulterebbe inutile (stabilire il valore artistico dei due, pur presente, sarebbe mancare il punto). Così come inutile sarebbe chiedersi in che modo essi corrispondano o differiscano dalla pornografia standard, specie in un momento in cui il concetto stesso di pornografia, in virtù della sua diffusione, incontra una fase di ridefinizione in cui a fronte di una progressiva standardizzazione dell'industria proliferano contenuti che forzano le categorie e i limiti del genere. Chiunque conosca anche solo superficialmente i portali porno presenti su internet sa che esiste una grande quantità di contenuti che, pur obbedendo al medesimo scopo – eccitare lo spettatore – rappresentano situazioni e oggetti non necessariamente ascrivibili al genere – il criterio della visibilità dei genitali intenti nella copula, ad esempio, necessario a far bollare una pellicola come x-rated, è irrintracciabile nei filmati amatoriali (o presunti tali) ripresi da telecamere di sorveglianza. Viceversa, molti film d'autore degli ultimi anni rappresentano l'atto sessuale in modo molto grafico ma differiscono nei fini dalla pornografia e non sono perciò ascrivibili al genere.
Dal punto di vista dell'immaginario proposto, i film di Ravviso e Stambrini presentano punti di contatto e radicali differenze. Ad accomunarli è la rappresentazione di due fantasie erotiche “femminili”. Insight ha al centro della scarna narrazione l'attivista e performer Slavina intenta a masturbarsi davanti a un uomo mascherato. Al nucleo dell'azione si alternano paesaggi marini, contraltare “naturale” di una messa in scena molto artificiale e codificata che obbedisce alle regole rigidissime del BDSM, basato sulla previa contrattazione delle parti in gioco. L'effetto è quello un po' sgradevole che la regista abbia voluto, con queste scene, rassicurare lo spettatore circa il fatto che quello a cui sta assistendo è un film d'arte, prima che pornografico. Queen Kong invece, utilizzando un registro di genere (quello del thriller e dell'horror, oltre che quello della pornografia) appare molto più diretto e coraggioso. Due amanti si appartano nel parco di una villa durante una festa, lui, ubriaco, distratto dal cellulare e forse turbato dalla scoperta che la donna bellissima con cui si intrattiene ha un principio di coda in fondo alla schiena, non riesce a mantenere l'erezione. La donna lo abbandona delusa, e lui viene assalito da un fauno femmina (interpretato dalla pornostar Valentina Nappi), con il quale consuma finalmente un selvaggio rapporto sessuale, combattuto tra il disgusto e un'eccitazione che non gli darà pace nemmeno quando anche questa seconda (incarnazione della) donna, stavolta appagata, avrà finito con lui.
A livello di immaginario i due film sembrano opposti: il primo mette in scena una fantasia narcisista considerata tipicamente femminile, il secondo è invece una fantasia di stupro perpetrato e non subìto, molto meno comune e molto più provocatoria. In entrambi, però, si assiste a un ribaltamento dei ruoli di genere: anche nel primo film, nelle sequenze finali, è la donna a stare seduta in poltrona, mentre l'uomo giace nudo davanti a lei. La donna però non è eccitata, sembra annoiata, il ribaltamento dei ruoli sembra solo ribadire che non esiste corrispondenza simmetrica tra i sessi, ed è questo forse l'aspetto più interessante. Entrambi i film comunicano un senso di insoddisfazione nei confronti del maschio, e allo stesso tempo ne ribadiscono la necessità. Ognuno a suo modo, i due film manifestano la volontà delle donne non solo di essere se stesse, considerate cioè come soggetti desideranti, ma anche di essere desiderate per questo. Così come Slavina si masturba per un pubblico (l'uomo mascherato e lo spettatore), lo stupro di Queen Kong non potrebbe avvenire senza la collaborazione “pratica” dell'uomo, e la scena-chiave del film sta nel post-amplesso, in cui l'uomo guida disperato alla ricerca della donna con l'erezione ancora in bella vista.
Qui sta l'interesse principale dei due film: ciascuno a suo modo, i film sono leggibili come rappresentazione efficace delle richieste e delle aspettative del femminismo contemporaneo: rispetto all'autonomia e al separatismo degli anni '70, un femminismo più “collaborativo” e propositivo. Chi ha accusato Stambrini di aver fatto un film retrogrado, in cui non si riesce ad andare oltre la sovrapposizione rischiosa e stantia di donna e natura, non tiene conto del fatto che il suo corto, specie se considerato all'interno del dittico composto insieme a Insight, mette in scena, al contrario, una fantasia non solo erotica ma anche politica: quella di una società in cui le differenze di genere, pur permanendo, siano libere di cooperare in modo antinormativo al fine dell'appagamento sessuale reciproco.