Angelo e Kasia sono due giovani. Lui italiano, lei polacca. Entrambi ferventi cattolici. Si incontrano nel Belpaese: nasce la passione, assecondata dall’amorevole sguardo della madre del ragazzo. Ma Kasia ha un amore più grande, quello per Dio che, a suo dire, la chiama per un impegno ancora più nobile: entrerà in convento. Angelo, combattuto per la decisione dell’amata, le promette solennemente che l’attenderà sino al giorno in cui prenderà i voti. Grazie ad un lavoro ottenuto presso una multinazionale polacca, Angelo ogni tanto le farà visita in convento. Kasia, di suo, non esiterà, in preda ai dubbi, a uscire dalle sacre mura per tentare di risolvere i suoi dilemmi. Nel frattempo, la multinazionale per cui lavora Angelo mostra la sua vera sostanza: un gruppo di approfittatori senza scrupoli e senza morale. In particolare, la diretta superiore di Angelo, Kris, è una donna priva di remore: figlia adottiva di una criminale di guerra (comunista), fa di Angelo il suo agnello sacrificale facendolo rinchiudere in un carcere russo dove viene sottoposto a sevizie di ogni genere.
Considerato il regista di punta della cosiddetta “terza generazione” del cinema polacco (“la terza parte della notte”, per citare il titolo del primo lungometraggio di Andrzej Żuławski, altro protagonista di quella stagione che caratterizza il cinema di Varsavia nei primi anni Settanta), Zanussi affronta alcuni temi che, forse, avrebbero meritato altra trattazione. Tuttavia, non è certo questo il limite maggiore di Corpo estraneo. Un film infarcito di luoghi comuni da cartolina (il placido e rassicurante paesaggio mediterraneo dell’inizio in cui si consuma la passione tra i protagonisti, la madre protettiva e lungimirante come tutte le mamme italiane), di cliché letterario-cinematografici (la doccia fredda di Angelo per calmare i bollenti spiriti rinfocolati dall’azione provocante e provocatrice di Kris e della sua assistente, il lesbismo delle due, il dualismo femminile angelo-demone incarnato da Kasia e Kris), l’ossessione per il passato comunista (la vicenda della madre adottiva di Kris). Naturalmente, Zanussi non può non fare dell’argomento della fede uno dei cardini del suo film. Tuttavia, il “regista del Papa” (così soprannominato per il suo Da un paese lontano, pellicola – a tratti anche cinematograficamente interessante e non solamente agiografica – su Giovanni Paolo II, Karol Wojtyła) riduce e semplifica anche il mondo religioso intorno a Kasia. La sua badessa è il massimo della bontà e della comprensività (la giovane può entrare e uscire quando vuole dal convento, telefonare a chi vuole anche in piena notte): niente a che vedere con il padre della ragazza, un ateo che osteggia le volontà della figlia opponendo, alle di lei certezze, meschine considerazioni di carattere razionale. E giungiamo naturalmente alla critica al comunismo, altra portata tipica del menu del regista. Anche se, bisogna ammetterlo, Zanussi sembra finalmente scoprire, oggi, nel 2016, che il capitalismo (ovviamente qui incarnato dalle attività spregiudicate della multinazionale di Kris e Angelo) non è poi un sistema tanto migliore del comunismo.
Nel vedere Corpo estraneo mi è venuto alla mente più volte uno splendido scritto di Michelangelo Antonioni contenuto nella sua raccolta Quel bowling sul Tevere. Un tentativo di evadere dai ristretti orizzonti che il film di Zanussi mi proponeva? Forse. In ogni caso, lo scritto di Antonioni s’intitola Questo corpo di fango e racconta dell’interesse che il regista ferrarese maturò nel corso degli anni Settanta per il fenomeno del monachesimo femminile e che lo condurrà a ideare e scrivere una sceneggiatura purtroppo mai diventata film (tuttavia alcune tracce del progettano restano nell’episodio di Al di là delle nuvole con protagonista Irène Jacob). Antonioni mostra tutto il laico interesse per l’argomento, che lo induce ad approfondire, porsi e porre domande durante le decine di visite fatte presso svariati monasteri. Cosa c’entra tutto questo con il film di Zanussi? Niente, per l’appunto. Zanussi mira alla santità con i luoghi comuni e limitandosi ad affermare che si tratta di “questione di fede”. Antonioni forse non è interessato all’ascetismo (come lui stesso scrive), ma lo è all’irrazionalità, poiché sa benissimo che la ragione, da sola, non basta a spiegare la realtà. Questione di punti di vista, si dirà. Infatti: quello di Zanussi è un film, quello di Antonioni è sempre cinema, anche quando è letteratura.