Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia. Nemmeno lo stupore shakespeariano, di fronte allo spettro del padre di Amleto, aleggia nella mente di Mizuki quando si trova di fronte il marito Yusuke – il felice ritorno sulla scena da protagonista del grande Asano Tadanobu – morto tre anni prima. Un avvenimento accolto con naturalezza, senza stupore, così come il regista non accenna alla minima sottolineatura a effetto, nessun accompagnamento musicale in senso drammatico. Solo nuove sonate, diegetiche, opera di Mizuki che è una pianista, accompagnano il ritorno del marito sulla terra. Nessuno spavento, nessun effetto horrorifico, solo il desiderio di un’anima in pena di congedarsi, in un viaggio rurale, dalle persone, sia vive che morte, che ne hanno accompagnato l'esistenza terrena. Yusuke è una presenza che riaffiora dal passato, emerge dalle acque, reale come il plesiosauro di Real.
La filmografia di Kurosawa Kiyoshi si fa, ancora una volta, rizomatica, fatta di diramazioni, biforcazioni, ritorni su quel corpus da innesto che è il j-horror, alla base della sua esperienza cinematografica. Il j-horror che ha saputo incarnare come perturbante il quotidiano, fatto di fantasmi che si annidano per poi materializzarsi nelle stanze di casa propria, nella vita di tutti i giorni, e per questo ancora più spaventosi. Con Tokyo Sonata il regista depurava l’orrore da ogni connotazione metafisica e riconduceva gli spettri del quotidiano fuori da ogni rappresentazione metaforica. L’orrore era quello reale della famiglia disfunzionale, della crisi occupazionale, della guerra in Iraq che entrava in casa attraverso la televisione. Era quello dei melò di Douglas Sirk, regista che Kurosawa cita spesso nelle proprie dichiarazioni. Approccio confermato anche dalla mini-serie Penance, nella quale l’horror è rappresentato da un infanticidio all'interno di una struttura whodonit alla Twin Peaks. I concetti di rimorso e senso di colpa sono ripresi da Journey to the Shore ma in un contesto tutt’altro che eccezionale: quello di un comune sguardo al proprio vissuto.
Con Journey to the Shore, Kurosawa torna ancora una volta ai fantasmi, alle case infestate, ma senza alcun effetto orrorifico. Yusuke si è rimaterializzato e gli spiriti albergano questa nuova opera di un regista passato dal j-horror al sentimentale intimista, a un viaggio interiore attraverso la storia della propria vita in forma di road movie rurale, viaggio attraverso la campagna giapponese. Un’ambientazione che pure rifugge la dimensione metropolitana, spesso oppressiva, di tante opere del regista (si pensi a Tokyo Sonata) per fare della verde natura la protagonista, in ossequio a quella visione nipponica che la vede come un’estensione dell’uomo. Se il j-horror poteva essere considerato forma eletta di rappresentazione contemporanea, in chiave cinematografica, del kaidan, il genere di teatro tradizionale, soprattutto noh, e folkloristico, incentrato su storie di fantasmi in cerca di vendetta, con questo film Kurosawa sembra rifarsi ad altri temi propri della tradizione nipponica. L’impermanenza della vita, la serena rassegnazione della morte, tematiche buddhiste, ma anche dello Shinto, la religione autoctona giapponese, con la sua visione animista di un mondo popolato di deità, tra cui quelle dei defunti. Kurosawa tratta con naturalezza l’elemento sovrannaturale, calandolo nel quotidiano, e gira una storia di fantasmi come fosse un classico di Ozu, uno shomingeki, ("cinema della gente comune"), tornando sui temi della dipartita, del congedo dall’esistenza terrena, dei rimorsi e rimpianti del proprio vissuto, della memoria; tutte tematiche ricorrenti nel cinema giapponese contemporaneo, basti pensare a opere come Departures, After Life, o l’anime Colorful.
Si torna sempre a Ozu, che Kurosawa ha studiato all'università con la guida dell'esegeta Hasumi Shigehiko, come punto di riferimento. Se Ozu "ha rappresentato l'ordinario in modo realistico" come sosteneva il collega Mizoguchi, Kurosawa Kiyoshi in Journey to the Shore è riuscito a rappresentare il sovrannaturale in modo realistico.