James Blish
1) Le possibilità di “effetti speciali” nel cinema sono così grandi che il cinema sembrerebbe un mezzo ideale per la science-fiction. Ma, per disgrazia, questi “effetti speciali” sono molto costosi. Per giunta, in generale il cinema preferisce vicende molto semplici per i film di science-fiction, e continua a sfruttare gli stessi cliché. Una conseguenza di tali preferenze è questa: negli Stati Uniti soltanto due autori consacrati di science-fiction hanno avuto la possibilità di fare un film; e uno di essi ha avuto questa possibilità una volta soltanto.
2) Destinazione Luna (Destination Moon) era valido e la sua importanza consiste soprattutto nell’opera di proselitismo che svolse presso un pubblico molto vasto a favore dell’accettabilità del volo spaziale. Nel 2000 guerra o pace? (Things to Come, prodotto da George Pal, che produsse anche Destinazione Luna) era una riduzione scrupolosa e fedele del vecchio racconto di Wells; ma naturalmente, era stato modificato: perché i marziani che ci attaccassero in questi tempi troverebbero avversari ben più temibili di quelli che aveva immaginato Wells nel 1890. Il film di fantascienza più sofisticato che io abbia visto è Ultimatum alla Terra (The Day the Earth Stood Still), con Michael Rennie. Purtroppo, i film di science-fiction prodotti oggi sono, in maggioranza, popolati di mostri; i pochi film del genere che ho visto erano involontariamente comici e per giunta noiosi.
3) Le mie opere non sono molto adatte per il cinema, tranne Vor, in cui ho tentato deliberatamente un genere adatto per un film di mostri… che potrebbe anche essere valido. Forse The Frozen Year (Fallen Star nell’edizione inglese) potrebbe diventare un film interessante.
4) Conosco ben poco il cinema e i suoi registi. Ho fatto alcuni spettacoli televisivi con Telford Taylor e mi piacerebbe vedere ciò che saprebbe realizzare in un film a lungo metraggio.
5) Come scrittore di science-fiction sono stato influenzato soprattutto da Henry Knutter e, come molti altri scrittori moderni, da John W. Campbell Jr. Ho imparato molto anche dall’opera di Heinlein, Van Vogt e Del Rey. Fra gli scrittori del mainstream letterario ho preso molto in prestito da Joyce e da Henry James.
6) Sottoscrivo la definizione di Sturgeon: «Un buon racconto di science-fiction è una vicenda di esseri umani con problemi umani e una soluzione umana, che tuttavia non si sarebbe affatto verificata senza quel particolare contenuto speculativo». Tuttavia aggiungerei che l’elemento speculativo dovrebbe rimanere il più possibile entro i limiti della conoscenza scientifica corrente; se ciò è impossibile, allora la vicenda è dichiaratamente fantastica.
Ray Bradbury
1) I rapporti fra il cinema e la science-fiction dovrebbero essere molteplici e costanti. Noi viviamo in un’età da fantascienza e il cinema è un ordigno da fantascienza, una macchina che, soltanto pochi anni fa, sarebbe stata considerata impossibile e miracolosa, al di fuori della portata d’una persona ordinaria o anche d’una persona straordinaria. Ma adesso questa “macchina empatica” è ormai nelle mani dell’umanità; se sappiamo usarla come si deve, possiamo trovarci nel corpo di un uomo bianco pur essendo negri, o di un negro pur essendo bianchi; possiamo essere Battisti pur restando Cattolici, possiamo essere donne pur rimanendo uomini, possiamo essere nani anche se siamo alti un metro e ottanta, possiamo essere brutti pur essendo belli e viceversa. Grazie a quest’unica macchina sarebbe possibile modificare il mondo in meglio o in peggio. Hitler si servì di questa invenzione per attirare l’attenzione su una falsa immagine della Germania. Ne consegue che ogni invenzione è uno strumento di potere, e di conseguenza, dacché viviamo in mezzo agli automi, dovremmo provare curiosità per le idee incarnate nelle nostre macchine, per la loro realizzazione, per la loro cristallizzazione in una forma immutabile di acciaio e plastica. Ma stranamente, vi sono pochi punti di contatto tra l’idea incarnata in una macchina e una di queste macchine, il cinema. E questa è una grande perdita per tutti noi. A meno che noi esaminiamo continuamente il nostro dilemma, non abbiamo speranza di ricordare che tutte le macchine uscite dall’immaginazione di Wells e di Verne sono in realtà le nostre creature, e debbono essere richiamate all’ordine e convogliate verso direzioni migliori. Questo, mi pare, potrebbe portare a una cinematografia veramente eccitante. Questo campo è ancora quasi inviolato.
2) Vi sono molti film di science-fiction validi e importanti. Nel 2000 guerra o pace? (Things to Come) era in anticipo sui tempi e, se la memoria non mi inganna, era anche un film notevole. Ultimatum alla Terra (The Day the Earth Stood Still) mi ha colpito come un buon tentativo di parlare all’umanità contemporanea dei suoi problemi. Dal mio schema e dal mio treatment è uscito un film abbastanza buono, Destinazione Terra (It Came from Outer Space), anche se non ho avuto il permesso di mettere le mani nella sceneggiatura; tuttavia debbo ammettere che il tema del film – «una cosa può sembrare ostile, ma non è necessariamente ostile» – era molto più importante che il film stesso, in quanto la produzione ha voluto dare importanza soprattutto ai mostri, che non spaventavano nessuno e che annacquavano l’intensità della vicenda. Ali del futuro (Breaking the Sound Barrier) sarebbe stato un film di science-fiction trent’anni fa… poiché prende lo spunto dalla conquista dello spazio per riferirsi a un’esperienza commovente: David Lean realizzò veramente un buon lavoro. Il pianeta proibito (Forbidden Planet) aveva un’idea centrale degna di Herman Melville e la parte conclusiva del film era interessantissima tanto come concezione quanto come realizzazione tecnica. Purtroppo il film è sciupato da una sceneggiatura, da una regia e da una interpretazione mediocri: è da parecchie volgarità più o meno collegate a Robby il Robot. Tuttavia raramente ho invidiato un’idea come in questo caso: io stesso avrei voluto avere la possibilità di scrivere sull’argomento dell’Id che, in forma di mostro distrugge gli esseri umani. In verità si tratta di una idea degna di attenzione ed è un peccato che sia caduta nelle mani di incompetenti. Possono esserci altri film di science-fiction che sul momento non ricordo ma che hanno buone qualità. Se li ho dimenticati, spero comunque di essere perdonato.
3) Mi piacerebbe vedere portato sullo schermo il mio romanzo Cronache marziane: in Todd-AO o in Cinerama. Ho un grande entusiasmo per il Cinerama e mi pare che debba ancora essere sfruttato convenientemente secondo soggetti adatti. Mi piacerebbe anche un film a episodi tratto da alcuni miei racconti, specialmente Il Veidt, Il pedone, Ora zero, eccetera eccetera.
4) Prima di morire (il più tardi possibile, a Dio piacendo) mi piacerebbe lavorare con i seguenti registi: David Lean, Kurosawa, Fellini, Bergman e Zinnemann. Ho avuto il grande piacere di lavorare un’intera estate con Sir Carol Reed, su un mio romanzo breve And the Rock Cried Out (E la roccia gridò). Sir Carol e io abbiamo cercato finanziatori per quel film per molti anni, fino al 1957, ma a causa della sua natura politica non siamo mai riusciti a portare a termine il nostro progetto. È un uomo ammirevole e mi piacerebbe lavorare di nuovo con lui. Mi piacerebbe molto anche lavorare con Jack Clayton, che ho conosciuto mentre lavoravo a Moby Dick. Adesso sto pensando con grande eccitazione al film che Truffaut sta preparando dal mio romanzo Fahrenheit 451. Sono sicuro che sarà veramente qualcosa di fantastico. Spero di lavorare ancora con Truffaut, questa volta direttamente e su un film a episodi.
5) I miei antenati letterari sono Wells, Verne, Edgar Rice Burroughs, H. Rider Haggard, Sax Rohmer, Aldous Huxley, Victor Appleton (autore della serie di Tom Swift che lessi quand’ero un ragazzo), L. Frank Baum (che scrisse i libri della serie di Oz), Robert Louis Stevenson, Mark Twain, William Faulkner, Thomas Wolfe, John Collier, Ernest Hemingway e Jessamyn West.
6) Ho una definizione molto personale della science-fiction: l’uomo è perduto nel labirinto delle sue creazioni e deve cercare una strada per uscire di nuovo alla luce del giorno. Non mi interessa come si costruisce una bomba atomica, ma soltanto come si può usare l’energia atomica per portare l’umanità a un mondo migliore. Indovinare i possibili futuri basati su possibili macchine che assommino le filosofie dell’umanità in forme concrete è il compito degli scrittori di science-fiction. Tuttavia preferirei non tanto indovinare le macchine del futuro quanto le reazioni dell’uomo di fronte alle macchine stesse.
E.J. Carnell
1) Purtroppo oggi non esiste nessun rapporto tra cinema e science-fiction, anche se negli ultimi anni è stato compiuto qualche coraggioso tentativo di produrre film di science-fiction degni di nota. Ho una mente troppo commerciale per concordare con J.G. Ballard e Brian W. Aldiss e le loro convinzioni esoteriche, in quanto credo che il rapporto tra cinema e science-fiction, oggi, dovrebbe essere costituito dall’intento di istruire un pubblico molto vasto e non da quello di piacere ai letterati. Sono convinto che i rapporti tra questi due mezzi di espressione dovrebbero essere quelli descritti in molti importanti romanzi di questo genere: dovrebbero o satireggiare le forme di civiltà future, o additare le possibilità future dell’umanità.
2) No. Ci sono stati numerosi film ben realizzati, per esempio Destinazione Luna, che però potrebbe essere qualificato come un vero e proprio documentario; … e la Terra prese fuoco (The Day the Earth Caught Fire) era lo studio delle emozioni dell’umanità posta di fronte alla possibilità di una catastrofe cosmica. Ma nessuno dei film realizzati fino a ora ed etichettati come science-fiction si è mai elevato al di sopra del livello del film per ragazzi.
3) È una domanda troppo difficile perché io possa rispondere immediatamente. Dovrei fare parecchie ricerche, perché da diciassette anni pubblico e seleziono opere di science-fiction. Vi sono alcuni racconti che potrebbero essere presi in considerazione per brevi film televisivi, ma pochissimi sopporterebbero l’adattamento alla forma di un film di metraggio normale. Tra tutti i romanzi letti in tutti questi anni, parecchi presentano caratteristiche e possibilità interessanti, sotto diversi punti di vista: The Earth Abides di George Stewart è un fortissimo romanzo sulla ricostruzione della civiltà dopo una catastrofe atomica; The Death of Grass di John Christopher (acquistato dalla MGM per 100.000 dollari ma mai realizzato) per il realismo con il quale strappa la maschera della civiltà costretta a fronteggiare una catastrofe; Non-stop di Brian Aldiss è uno dei migliori racconti di viaggi spaziali che abbia mai letto, con una potenza d’urto scientifica e psicologica, un intreccio molto ricco e caratterizzazioni che farebbero la gioia di un abile regista; Dark Universe (Percezione infinita) di Daniel F. Galouye, un ottimo esempio di romanzo che narra le vicende di una umanità costretta a evolvere i suoi sensi in una diversa direzione a causa di circostanze impellenti. Purtroppo è quasi impossibile realizzarne un film, perché quasi tutta l’azione si svolge nella completa oscurità, anche se un regista potrebbe fare uso dell’elettronica, del sonar, del radar e degli infrarossi in una forma visiva, per produrre, appunto, immagini visive.
4) Non ho preferenze particolari.
5) I miei “antenati letterari” sono ovviamente Verne, Wells, Burroughs, Poe e quasi tutti i “primitivi” della science-fiction; il mio mondo letterario è stato creato dagli scrittori moderni: Bradbury, Heinlein, Asimov, Simak, Pohl, Sturgeon, Bester, Clarke e Wyndham. Tutti autori moderni che cominciarono a dare alla science-fiction il suo aspetto attuale durante gli anni cruciali dal ’40 al ’50.
6) L’estrapolazione del possibile futuro dell’umanità basata sulla tecnologia attuale. Può comprendere qualsiasi science, religione, politica o filosofia, purché sia ambientata nel futuro, ma basata su fatti collegati ai nostri giorni.