Un tempo Larry Clark era uno di quei registi idolatrati o detestati, senza mezzi termini. Il suo cinema poteva entusiasmare o infastidire. Oggi molti si dichiarano invece semplicemente annoiati dal suo stile, dalla ripetitività delle tematiche, da film che inseguono lo scandalo facile. E Marfa Girl è indubbiamente un film di Larry Clark. All'appello non mancano né la provincia americana, né i protagonisti attraenti ma anagraficamente barely legal, né le scene di sesso esplicito e il tipico stile estetizzante, e per finire non si lesina sulla solita dose di maledettismo/degrado/vuoto esistenziale. Con una variante notevole, però: questa volta, complice il necessario distacco imposto dall'età dei suoi adolescenti sessuomani, Clark non si fa poeta cantore di una generazione perduta, ma diventa il regista di una certa età (sessantanove anni) che, pur restando fedele agli elementi caratteristici della propria opera, riesce ad articolare un vero racconto, a concretizzare una sua personale visione.
È la prima volta che il regista si confronta con una sceneggiatura e un soggetto del tutto personali, e anche la decisione di non distribuire il film nelle sale ma soltanto su internet può essere una ragione della libertà che si è potuto permettere e che gli ha concesso di creare un'opera forse meno potente e indimenticabile di Kids, sicuramente meno provocatoria a tutti i costi di tante sue successive, ma anche per questo più misurata e per alcuni versi più interessante.
Siamo in Texas, vicino al confine, dove la nazione finisce ma i suoi paradossi si estremizzano, dove il contatto costante con l'immigrazione messicana sembra inasprire gli aspetti più intolleranti, implosivi e malati della società americana. Quella che viene messa in scena attraverso i tre personaggi principali è una sorta di allegoria: ciascuno di loro rappresenta un diverso modo di approcciarsi alla realtà, una diversa strategia di sopravvivenza nella desolazione.
La ragazza del titolo, presenza dall'inizio conturbante e perturbante della pseudo-quiete che regna a Marfa, è una giovane artista che viene da fuori, solo di passaggio in città. Dal suo atteggiamento disinibito e dai discorsi radical-chic che propina ai poliziotti di confine intuiamo che il suo background è sicuramente più benestante e più sofisticato di quello in cui si trova ora.
Poi c'è Tom. Razzista, psicotico, violento, sembra incarnare il peggio delle tensioni sociali del luogo, acutizzate dal suo ruolo di braccio armato della legge (è l'unico poliziotto bianco a Marfa). Infine il giovane Adam, il sedicenne skater per metà ispanico, dai grandi occhi innocenti ma dall'aria scafata.
L'approccio esistenziale dei tre è, ovviamente, filtrato e presentato attraverso il sesso, che come sempre è la tematica che più sta a cuore a Clark. Nel corso del film appare sempre più chiaro che la liberazione sessuale professata dalla ragazza non è nient'altro che un vuoto slogan, estraneo all'arretrata cittadina di Marfa, e per di più il suo è un linguaggio incapace di dialogare con la sofferenza espressa da Tom, che in una scena sembra scusarsi della sua follia nel momento in cui racconta tra le lacrime degli abusi subiti in gioventù dal padre che l'hanno condotto al sadismo e all'omosessualità repressa. Mentre ad uccidere il mostro e a “liberare dal Male” la comunità sarà proprio Adam. Adam, capace di tenerezza e di quell'innamoramento romantico possibile solo a sedici anni (che però Clark intelligentemente inscena in modo stucchevole e stereotipato, consapevole che non è l'immediatezza la soluzione) con la coetanea Inez, ma anche incapace di sottrarsi alla seduzione di una ragazza più grande, Donna, e, probabilmente, della professoressa incinta che lo sculaccia per punizione. Quella di Adam è una sessualità certo onnivora, ingorda e indiscriminata, ma nonostante questo più ingenua e meno ideologica di quella della protagonista, anche nel vivere i suoi tradimenti con senso di colpa (“Inez is gonna kill me!” non fa che ripetere a Donna).
Ma il fatto che il film sia intitolato alla "ragazza" di Marfa sembra farci intuire che il regista stesso si identifichi con lei: Marfa Girl è il fallimento di una generazione, dei suoi ideali e anche della fiducia che Clark stesso sembrava riporre nel sesso e nella sua rappresentazione. Il sesso confuso ma consolatorio e affettuoso che vedeva protagonisti tre dei ragazzi nel finale di Ken Park non basta più. Il mondo è più complicato di così, è fatto di relazioni, di responsabilità, di fiducia e di tradimenti. La capacità di Adam di rendersene conto, al di là delle sue scelte, sembra essere quello che fa di lui il personaggio più responsabile e adulto nonostante la sua giovane età. In questo senso Marfa Girl è un film politico: perché, come ha dichiarato Clark in un'intervista “i miei personaggi affrontano le conseguenze di quello che fanno”. E non è un caso se del film restano impresse le immagini struggenti dell'orizzonte più che le scene – queste sì già viste – di sesso e violenza. Un segno della maturazione inconfutabile del regista. E del fatto che la noia è negli occhi di chi guarda.
Marfa Girl, regia di Larry Clark, USA 2012, 106'.