In un articolo scritto per il New York Times in occasione del centenario dell’invenzione del cinema, Susan Sontag lamentava la morte della cinefilia per come lei e altri intellettuali della sua generazione l’avevano conosciuta. “Ogni arte sviluppa i suoi fanatici – diceva la Sontag – ma l’amore che ispirava il cinema era speciale”, un tipo di mistica religiosa che portava i suoi “apostoli” a studiare in profondità certi film e a sostenere per essi vere e proprie “crociate”. Qualunque sia stato il suo destino nei quasi vent’anni che separano l’articolo della Sontag dal film di Rodney Ascher, Room 237, la cinefilia potrà anche essere morta, ma di certo non lo sono i suoi fanatici. Ovunque ci abbiano portato l’era dei blogger e di YouTube, l’atomizzazione dei saperi e lo sdoganamento di ogni tipo di piacere più o meno colpevole, la venerazione maniacale per certi capolavori del passato è rimasta pratica bizzarra, anacronistica e orgogliosamente snob, ma non si è certamente estinta. Anzi.