Mio zio Jesús, fratello di mia madre, non è mai stato la mela marcia della nostra famiglia solo perché ce ne sono state tante, un numero imprecisato ma in ogni caso superiore a quello che sarebbe raccomandabile per la felicità e la tranquillità di qualunque famiglia (tra le nostre fila contiamo persino un assassino, forse seriale). Ma non c'è dubbio che almeno tra le generazioni recenti la sua sia stata la peggiore, almeno fino a quando la mia e quella dei miei cugini non ha raggiunto l'età delle malefatte.

I miei primi ricordi dello zio Jesús risalgono all'epoca in cui ero ancora un bambino e lui viveva con i miei nonni in via Cea Bermudez a Madrid. I miei genitori portavano me e i miei fratelli a mangiare lì ogni sabato e c'era sempre lo stesso menù, quello che chiamavamo "pasto cubano", che mia nonna, originaria di La Havana e donna meravigliosa, sorridente e ironica, presentava come ricetta unica in tutta la città. La verità è che vedevamo raramente lo zio Jesús, perché raramente era già in piedi all'ora di pranzo. La nonna, pacifica come poche altre persone che ho mai conosciuto, ci raccomandava di non fare troppo rumore, perché "il povero zio Jesús sta dormendo". Suppongo che quello del "povero zio Jesus" fosse un tentativo semi cosciente da parte sua di farci credere (e di credere lei stessa) che la notte precedente lo zio avesse lavorato fino a tardi. Niente di più falso: grazie agli suoi fratelli ancora in vita sappiamo era solito partecipare a feste scatenate fino a notte fonda.
 
Ricordo, con l'intensa sensazione di integrità e l'esarcerbato puritanesimo di ogni bambino, che mi scandalizzava vedere dal corridoio il letto di Jesús ancora sfatto fino a tarda ora. A volte, dopo una doccia, Jesús ci teneva compagnia durante i nostri "pasti cubani", pettinato e imbrillantinato, fischiettando e canticchiando; in altre occasioni usciva rapidamente direttamente dal bagno, in fuga dalla baraonda infantile. Quando rimaneva, era sempre divertente e arguto, allo stesso modo del fratello Javier, più giovane di un paio d'anni e il più piccolo della famiglia. Alcuni di questi zii, così come il nonno, suonavano il piano o qualche altro strumento (Jesús, si difendeva bene con i classici del jazz, genere di cui era fanatico), ed erano soliti rallegrare la merenda pomeridiana con fughe improvvise verso il piano, che si trovava nella sala da pranzo, battendo selvaggiamente sui tasti tra una pietanza e l'altra. Lo humor macabro di Jesús e di suo fratello Enrique (tuttora rispettabile critico musicale di El Pais) si era manifestato già all'epoca dell'infanzia, quando per spaventare la loro sorella Gloria e il piccolo Javier, cantavano in duo una canzone che rimase impressa nella memoria dei nipoti e della quale ricordo ancora i primi truculenti versi: "Un bambino arrostito e abbrustolito/per masticarne le ossa e i polmoni/le narici e lo sterno". Mentre la cantavano erano soliti fissare i bambini presenti e terrorizzarli: senza ombra di dubbio un antecedente musicale della futura predilezione cinematografica di Jesus per i vampiri e gli assassini.
 
 
A partire da una certa età, cominciai a desiderare che lo zio Jesús sparisse e mi lasciasse campo libero: Nonostante la proibizione di entrare nella sua stanza, o proprio per essa, mi dedicavo a ispezionarla accuratamente durante le sere, e le mie perlustrazioni si fecero sempre più accurate quando scoprii la sua magnifica collezione di pubblicazioni erotiche, nascoste nell'armadio. Teniamo presente che parlo dei primi anni '60, quando in Spagna anche solo vedere un seno di donna su un giornale era più difficile che vederne uno vero, se non a causa dell'impudicizia di una ragazzina. Jesús nascondeva un vero e proprio tesoro per gli occhi di un pubescente, e quello che più di tutti apprezzavo era un voluminoso libro dedicato interamente a Brigitte Bardot, composto di tante foto in cui compariva con indosso un velo appena o nemmeno quello. Non c'è dubbio che devo tanto a zio Jesús per questo ruolo iniziatico, di cui credo sia stato inconsapevole.
 
Allo stesso modo gli devo in gran parte la mia iniziazione letteraria, poiché come ho raccontato nell'introduzione del mio primo romanzo (I territori del lupo, ndt), all'età di diciassette anni scappai a Parigi con l'intento di scriverlo, e con la preziosa complicità di colui che al tempo era già noto come Jess Franco. Jesús, sposato finalmente con una bella francese chiamata Nicole, all'epoca possedeva un appartamento in Rue Frycinet, nei pressi dei Champs Elyses, e nell'estate del 1969, periodo durante il quale girava un film dietro l'altro, ebbe la gentilezza di prestarmelo come base per il mio lavoro di scrittore. Si trattava di un appartamento formidabile: vi era un piano a coda bianco e le sue librerie erano stracolme di libri e riviste pornografiche in bella vista. Immagino che al tempo Jesús, avesse un ottimo pretesto per collezionarli, giacché alternava i suoi film di terrore e avventura con quelli erotici, girati principalmente in Germania e in Italia e firmati con pseudonimi sconosciuti ai più, e senza dubbio si serviva di quelle pubblicazioni per scoprire nuovi talenti.
 
Fu in quegli anni che lo frequentai maggiormente, e divenn  lo zio tollerante e scapestrato che tutti i nipoti del mondo desiderano avere. Mi prestò anche il suo appartamento romano, in Viale dei Parioli, la strada della moda e dei registi in cui vivevano Vittorio Gassman e Sergio Leone. E mi portò su alcuni dei suoi set: in uno dei suoi film su Fu Manchu, io e mio cugino Ricardo Franco facciamo una breve comparsata, irriconoscibili, in qualche inquadratura: travestiti da poliziotti cinesi, con abiti di seta nera e una benda rossa in fronte, scalzi, scendevamo di corsa un pendio scosceso con la spada in mano, sul bordo di un lago che in realtà era un pantano nei pressi di Madrid. Credo che raramente nella vita ho rischiato la vita come in quella occasione, ma a Jesús non importavano i rischi (benché in quel caso specifico i figuranti fossero sangue del suo stesso sangue) pur di portare avanti il film. Da quanto ho sentito, i suoi film erano sempre una corsa contro il tempo, tanti ne girava. E ho anche sentito dire che più di una volta, all'insaputa degli attori, cui venivano consegnate sceneggiature vaghe e confuse, girò contemporaneamente due film, con la stessa troupe che dunque lavorava doppio senza saperlo. Purtroppo, su quel set cui ho preso parte in maniera così effimera non c'era nessuno degli attori che al tempo lavoravano con lui. In tandem con uno stravagante produttore inglese, Harry Allan Towers, riuscì ad avere ai suoi ordini vecchie glorie dei quali ci raccontava gustosi aneddoti: Jack Palance, George Sanders, Christopher Lee e Mercedes McCambridge tra gli altri.

Ma prima e dopo, per molti anni, se lo zio Jesús era fonte di grande divertimento per noi nipoti, era anche casua di rimprovero da parte dei nostri padri, suoi fratelli. Quando sì sposò con Nicole (Guetard, ndt), dopo essere stato a lungo single e aver avuto innumerevoli fidanzate, a noi bambini dissero che Nicole era vedova per giustificare l'esistenza di una nuova cugina: Caroline, già cresciuta, che arrivava con lei. In seguito, nell'estate in cui scrissi il mio primo libro, ebbi occasione di conoscere il padre di quella falsa cugina, che se non ricordo male si chiamava Jacques, ben felice di essere divorziato. Ma il più grande tormento di mia madre riguardava i film porno che girava Jesús, di cui in Spagna avevamo poca notizia. Mia madre era la maggiore di undici fratelli e aveva vent'anni più dei tre piccoli, Gloria, Jesús e Javier, con i quali aveva avuto modo di esercitarsi nel ruolo di madre molto tempo prima che io e i miei fratelli venissimo concepiti. Per questo motivo, credo, considerava un fallimento personale le inclinazioni cinematografiche del fratello lussurioso: più che deprecare la svolta viziosa che stava prendendo la sua carriera, compiangeva un promettente cammino morale prematuramente troncato. "Non sembra vero" diceva "da bambino era così religioso!".
 
Per quanto ne so, Jesús è rimasto sempre bambino, ma questo mia madre non poteva saperlo. Di certo sappiamo che quelli che hanno diviso con lui una stanza d'albergo in età adulta raccontano che, come accadeva da piccolo, la notte veniva colto da attacchi di panico se non aveva una luce accesa a proteggerlo. Immagino sia difficile immaginare una cosa del genere per coloro che lo hanno sempre visto come un uomo iperattivo, nervoso, e scherzoso. Nessuno mi ha mai chiamato "ignorante" tante volte come ha fatto lui nel corso della mia adolescenza e della prima gioventù. Quando citava un qualunque attore secondario o uno sconosciuto musicista jazz e io domandavo di chi si trattasse si alzava in piedi e gridava: "Non sai chi è Will Bouchey?! Non sai chi è Joe Albany!?". E andava avanti così all'infinito, come se conoscere quei nomi fosse un obbligo di rilevanza mondiale:"Davvero non sai chi è Jack Pennick?! Mi stai prendendo in giro. Davvero non sai chi è Ike Quebec?!". Allora esclamava stupefatto: "Ike Quebec! Willis Bouchey! Jack Pennick! Joe Albany! Che ignorante! Ma se sono famosissimi! È come non sapere chi è Cervantes!". Devo aggiungere che, se alla fine ho saputo chi erano i celeberrimi Ike Quebec, Willis Bouchey, Jack Pennick e Joe Albany è stato merito delle mie ricerche, perché nonostante il suo stupore e la sua indignazione non c'è stata una volta che lo zio Jesús si sia preso la briga di spiegarmelo.
 
(Testo pubblicato originariamente su Dezine n.4, novembre 1991; traduzione di Alessandro Stellino)