Mai come oggi – bisogna fare i conti con Béla Tarr. Il suo itinerario sofferto, dall'esordio alla fine degli anni Settanta fino al definitivo Il cavallo di Torino (À Torinoi Lo, 2011), si presenta compatto come una delle prove più possenti, cristalline e radicali che la storia del cinema abbia conosciuto. Lontano dai favori del pubblico, strozzato dalle leggi mercantiliste dell'industria e costretto a occupare le oasi di una cinefilia oltranzista, negli ultimi anni Tarr è divenuto oggetto di un'attenzione nuova, meno sporadica e forse più cultuale di quella finora riservatagli, i cui frutti si riscontrano persino in una certa popolarità, come testimonia il fiorire di retrospettive, interventi e saggi anche in Italia. La benemerita iniziativa della Eye Division di proporre al pubblico l'edizione in DVD di alcuni dei suoi film, ben dentro questo processo di riconoscimento, diventa allora un'occasione utile per una introduzione ed alcune considerazioni critiche che obbediscono all'esigenza di fare i conti con Béla Tarr.