Conrad Clark al suo secondo lavoro, riparte da un suo cortometraggio girato nel 2006 per svilupparlo ed essere selezionato nella sezione Bright Future dell’IFFR 2013. Una crew ridotta all’osso, multietnica e globalizzata: regista inglese traferitosi in Cina, protagonista originaria di Pechino stabilizzatasi in Australia, seconda attrice cinese residente a Londra, e un direttore della fotografia spagnolo ormai stabile da dieci anni a Las Vegas. Il punto di incontro si trova tra da Dubai e Habu Dabi, la nuova terra promessa dove i capitali dei nuovi ricchi si accumulano e ripropongono una versione rivisitata dell’american dream.
Lifei sicura delle sue doti imprenditoriali ha deciso di investire tutti i suoi risparmi costruendo una serra in mezzo al deserto coltivando funghi. Per controllare che i processi di irrigazione siano costanti ha assoldato un manipolo di lavoratori del Bangladesh che dirige dalla città con i quali riesce a fatica a comunicare in inglese. in una relazione difficile con un ragazzo turco che vede una volta al mese e condivide un micro appartamento con la sua socia in affari nel cuore di Habu Dabi, in mezzo ad quartiere turco. Un melting pot di razze, tradizioni, culture e speranze si intrecciano in un film più che mai attuale. Oggi che il mercato vada ad est è un dato di fatto e l’occidente sembra ormai un lontano ricordo della rivoluzione industriale. Le città come Dubai e Habu Dabi crescono a ritmi vertiginosi partorendo formicai di lavoratori disposti a migrare e vivere in condizioni precarie e senza certezza del proprio futuro. Si calcola che circa l’80% dei lavoratori di Dubai siano in condizione di sfruttamento e senza alcun diritto e tutela giuridica.
A Fallible Girl è una fotografia molto chiara del nostro presente, della condizione dei nuovi lavoratori al tempo della globalizzazione con un particolare sguardo sull’universo femminile. La protagonista è il frutto della nuova imprenditoria; una ragazza emancipata, disposta a tutto pur di riuscire nel suo progetto di business, pronta a rinunciare ad una vita stabile ed a un compagno pur di ottenere il riconoscimento dall’universo maschile. Forte e decisa all’apparenza si rivela allo stesso tempo fragile e in balia degli eventi che la circondano. Un’improvvisa malattia della madre la costringe infatti a vendere tutto per poter ottenere il visto bloccato dai debiti accumulati per avviare l’impresa.
Tutto girato in super 16mm e utilizzando dei filtri sulle tonalità del viola e del rosso in moltissime sequenze, il film si candida tra i più interessanti film asiatici del Rotterdam Film Festival 2013. Vite temporary, pronte a riciclarsi e a cambiare aspetto in funzione delle opportunità che offre il mercato. In nome di cosa? del successo, del denaro o, più semplicemente, dell’affermazione sociale? Un regista, Conrad Clark che dopo Soul Carriage, anch’esso sulle tematiche del diritto al lavoro, decide di affrontare un tema attuale in un contesto che i media ci passano come ricoperto d’oro e opportunità ma che nasconde una materia oscura.