Per Robert J. Thompson, padre di questa periodizzazione, saremmo ancora nella seconda Golden Age della Tv, avviata con il moltiplicarsi delle linee narrative di Hill Street giorno e notte negli anni 80. Per altri, come Barbara Maio, saremmo entrati nella terza Golden Age sul finire degli anni 90 con l’ibridazione dei generi. Per il sottoscritto è più semplicemente nata un’altra Tv con l’ingresso nella serialità delle cable, da HBO in giù, ma da qualunque parte la si voglia guardare i giorni migliori sono alle nostre spalle e il tramonto è già su di noi. I sintomi della malattia sono numerosi sia sul versante network sia su quello cable, ed è ovviamente, prima di tutto, una questione di ascolti e dunque di soldi.

I network, che vivono di punti di share, soffrono da anni di una progressiva emorragia di pubblico, in particolare di quello dei consumatori adulti tra 18 e 49 anni, ideale obiettivo dei pubblicitari. Non c’è intervistato di una serie di successo giunta al termine (24, Lost, Desperate Housewives…) che non dica come ci si trovi alla fine di un’era e il frazionamento degli ascolti impedisca oggi di realizzare produzioni altrettanto costose e quindi, in un certo senso, ambiziose e capaci di diventare esperienza condivisa per molti milioni di telespettatori. A ben vedere pure le serie citate hanno visto un progressivo calo di ascolti nelle ultime stagioni, piuttosto marcato nel caso di Lost a dimostrazione che anche il format dei misteri a lungo termine sembra aver cessato di affascinare il pubblico. Se si guarda poi ai suoi epigoni ci si trova di fronte a una sorta di cimitero costellato di lapidi: Jericho, FlashForward, The Event e volendo pure Heroes tanto per citare le più celebri e costose, tutte tranne l’ultima cancellate in breve tempo. Infatti nemmeno si tenta più di replicare la formula di Lost e persino le produzioni del prolifico J.J. Abrams provano a ibridare la narrazione orizzontale, a lungo termine, con quella verticale ed episodica del procedural più o meno poliziesco. Più facile però a dirsi che a farsi: Fringe ogni anno rischia la cancellazione e la prossima annata sarà l’ultima, mentre Alcatraz è morta dopo mezza stagione. Pure la dispendiosa Terra Nova griffata Spielberg, avventura con dinosauri dagli episodi in gran parte autoconclusi, non ha avuto sorti migliori e non è stata rinnovata.

Ovviamente i network non si arrendono e cercano ancora di piazzare il colpaccio, ma i progetti davvero altisonanti non sono molti: agli upfront, ossia la presentazione delle future line-up autunnali delle reti, sono stati solo tre i titoli coraggiosi. La NBC ha Revolution prodotta da Abrams e ambientata in un futuro prossimo dove l’energia ha improvvisamente cessato di funzionare; su ABC si vedrà Last Resort di Shawn Ryan, dove l’equipaggio di un sottomarino nucleare diserta e occupa un’isola per dichiararla nazione indipendente; sulla CBS partirà Vegas, creata da Nicolas Pileggi su un cowboy che diventa sceriffo di Las Vegas negli anni 50. Il resto è più o meno quel che ci si aspetta, con procedural medici, polizieschi, legali e via dicendo. E se i drama stentano a innovarsi le comedy si confermano conservatrici, dove il maggior successo dello scorso anno è stata 2 Broke Girls, politicamente scorretta ma tradizionalissima nel format multicamera.
Sarà difficile invertire questa tendenza: se da una parte il grande pubblico sembra ancora scottato da finali deludenti e cancellazioni improvvise per lasciarsi trascinare da un nuovo fenomeno di massa, dall’altra si è irrimediabilmente frazionato su nuove piattaforme, come internet e i videogame. Certo la Tv arriva anche su tablet e console, ma l’on demand per produzioni che si è abituati a fruire gratuitamente (e facilmente reperibili in versione pirata) difficilmente decollerà. Inoltre su questi media le interruzioni pubblicitarie risultano molto meno tollerabili e in una recente intervista, di GQ Usa, a Matthew Weiner, David Milch e Vince Gilligan l’ipotesi più ventilata per il futuro sembrava un ritorno in auge di sponsorizzazioni dirette e product placement. Staremo a vedere, certo gli ascolti della Tv generalista americana si sgretolano anno dopo anno e nemmeno troppo lentamente.
 
Diverso il discorso delle cable, dove vanno prima di tutto distinte le basic – che vivono comunque di ascolti e pubblicità – e le premium – sostenute dagli abbonamenti. Tra le prime ci sono reti di poche ambizioni come Abc Family o di nicchia come SyFy ed emittenti di più alto profilo quali TNT, FX ed AMC. Pure qui però le cose vanno meno bene di una volta, per esempio SyFy non è stata in grado di replicare il cult Battlestar Galactica e pare aver ormai smesso di provarci, preferendo serie più prevedibili e progettando di catturare un po’ del pubblico dei videogame con il prossimo Defiance (caso curioso, la serie sarà parallela a un MMORPG, Massive Multiplayer Online Role Playing Game). FX ha ceduto già da un paio d’anni la prestigiosa Damages a DirectTv, sorta di emittente satellitare, inoltre ha chiuso Terriers e Lights Out dopo una sola stagione, così la sola novità davvero di successo della rete è stata la velleitaria American Horror Story.

I segnali più preoccupanti ci paiono però arrivare da AMC, che più di tutte le altre basic cable ha cercato di costruirsi un’immagine di qualità con Mad Men e Breaking Bad. I progetti successivi hanno però avuto meno fortuna, come Rubicon, mentre la più prosaica The Walking Dead ha ottenuto ascolti anche troppo sorprendenti, costringendo il canale a mettere in discussione le proprie strategie. Non è un caso che il rinnovo del contratto di Weiner o la produzione di una stagione di Breaking Bad debba ogni volta attraversare lunghe trattative, inoltre pure The Walking Dead ha avuto problemi di gestione, con la fuoriuscita di Frank Darabont. Tra i vari pilot dello scorso anno hanno avuto il semaforo verde solo due serie più di genere, come il giallo The Killing (la cui non risoluzione al termine della prima annata ha scontentato il pubblico e difficilmente si vedrà una terza stagione) e il blando western Hell on Wheels. Il futuro pare andare ancora più smaccatamente in questa direzione con: l’adattamento di un nuovo fumetto di Robert Kirkman, una serie di fantascienza, una crime e una di spionaggio (questa in effetti più originale data l’ambientazione indiana). TNT infine cerca di farsi più competitiva e, anche se Falling Skies ha deluso quasi tutti, non molla il colpo rilanciando con uno dei titoli più attesi della prossima stagione: L.A. Noir di Frank Darabont, ambientato a Los Angeles a cavallo tra gli anni 50 e i 60. Si tratta comunque di un tentativo isolato, perché il resto delle serie annunciate da TNT promette il consueto mix di banalità e mediocrità.

Nel mondo delle premium cable si gioca poi secondo regole diverse e il prestigio conta più degli ascolti, ma alla fine dei conti a fare rumore in rete sono i fan assai più della critica, che spesso è assai miope nell’attribuzione dei premi (si pensi all’assenza di Golden Globes per The Wire).
Nel settore è aumentata la concorrenza e il modello HBO non è più un’esclusiva, ma l’effetto non pare dei più positivi. La regina delle cable mostra evidenti segnali di crisi e una propensione per il cambio di rotta, a partire dalla repentina cancellazione di Luck quando era appena iniziata la produzione della seconda stagione (come tristemente avevamo predetto proprio su questo sito si trattava di una serie intrinsecamente effimera). Della cosa si è molto discusso, ma quali che siano le ragioni era la produzione più ambiziosa di HBO per via dei nomi coinvolti e la chiusura è certo uno smacco. Non meno significativo è il non acquisto di una serie dal costoso pilot come Le conversazioni, dal romanzo di Frazen per la regia e la sceneggiatura di Noah Baumbach e con un cast stellare. Pare il pilot sia anche piaciuto ma sarebbe stato giudicato troppo difficile e ambizioso, cioè esattamente quel che si chiede a HBO. Non rincuora poi che lo stesso giorno di questa notizia sia stato reso noto l’acquisto di True Detective, serie su due agenti a caccia da ben 17 anni di un serial killer, un materiale che dire consueto è un eufemismo. La cosa non dovrebbe però stupire se si considera come le attuali serie di punta della rete siano appunto di genere: Il trono di spade e True Blood, mentre Boardwalk Empire continua a non decollare né con il pubblico né con la critica Usa (nonostante la seconda stagione fosse ottima). Rimane l’attesa per The Newsroom di Aaron Sorkin, che si affianca in un filone politico alla comedy Veep, ma si tratta di una produzione avviata tempo fa e in ogni caso assai meno costosa di Luck. Si aggiunga che tra le serie che stanno ancora venendo valutate per l’acquisto diverse hanno un taglio di genere, da La Torre Nera a Hobgoblin e American Gods. La vita più o meno ordinaria che era al centro per esempio di Six Feet Under sembra relegata alle comedy amare Enlightened e Girls mentre le tre comedy maschili Hung, Bored to Death e How to Make It in America non hanno conquistato un pubblico solido e sono state chiuse in un sol colpo, inoltre è arrivata al naturale capolinea anche Eastbound & Down.

Se HBO insomma inizia a puntare sul sicuro non osa molto nemmeno la principale concorrente Showtime che ha in cantiere: ben tre adattamenti da fumetti, tutti di genere, lo spinoff di Californication e alcune serie tratte da film, come Animal Kingdom. Si aggiunga avuto il maggior successo recente è stato il remake di una serie israeliana, Homeland, e non emerge certo il ritratto di un vulcano di idee originali. Pure la terza premium cable Starz, che in quanto ultima arrivata dovrebbe tenere una politica più aggressiva, sembra scommettere meno, puntando su coproduzioni con ricostruzioni di periodo oppure su fantasie piene di sesso e azione. Addirittura si vede all’orizzonte un procedural sovrannaturale sulla carta non diverso da quelli di SyFy, insomma niente che somigli anche solo lontanamente all’ottima Boss.
Di per sé la deriva verso i generi non sarebbe cosa malvagia, ma molti autori si sono negli anni dichiarati felici che produzioni per un pubblico adulto, pressoché sparite nel cinema americano, avessero trovato un posto nelle cable, quasi si fosse raccolta in Tv l’eredità della New Hollywood. Ebbene questo appare oggi molto meno vero e seppur le produzioni di genere in arrivo fossero tutte ottime si assisterebbe comunque a una perdita di varietà e di ricchezza. Va pur detto che HBO negli ultimi anni ha probabilmente sopravvalutato il proprio pubblico e, grazie all’aura dei Soprano e Six Feet Under, ha tentato di sostenere serie difficilissime, come John From Cincinnati, oppure sgradevoli come Tell Me You Love Me, anomale come In Treatment e costose ma molto intricate come Luck.

Non si può insomma dire che non ci abbiano provato e forse è il pubblico americano, pure quello d’elite, a non amare questo lavoro di ricerca, così come la critica Usa, sovente miope di fronte all’abbagliante bellezza per esempio di Luck, ha fallito nella propria opera di sostegno e valorizzazione. Non crediamo che HBO e le altre cable smetterano di provarci, in fondo quel capolavoro di Treme è ancora in corso, ma il cambio di rotta è inconfutabile.
Più che una golden age, la tv americana vive ormai una golden hour, dove sembra esserci luce dappertutto nella moltiplicazione dell’offerta, ma anche dove il calar della notte è dietro l’angolo.