La pirateria relativa alla proprietà intellettuale è una questione che suscita sempre più preoccupazione alle industrie informatiche, musicali e cinematografiche. Gli anni recenti hanno visto sia un’esplosione dell’attività di pirateria (tanto su Internet che nella tradizionale diffusione di copie) e un conseguente incremento nelle ricerche in materia. Ad oggi, gran parte della ricerca empirica ha riguardato la musica, principalmente perché l’industria del settore si è trovata a dover affrontare prima la minaccia della pirateria. La dimensione relativamente ridotta dei file musicali ha reso il file sharing su Internet un mezzo estremamente efficace per la distribuzione di musica non acquistata: mentre il tipico file di una canzone è di 4 megabyte – scaricabili in banda larga in 30-60 secondi – i file dei film, più compressi e in alta risoluzione, restano all’incirca sui 700 megabyte, rendendo il download diretto molto più lento. Ma lo sviluppo di BitTorrent nel 2003 ha reso possibile una condivisione molto più rapida anche dei film. Basando la velocità di download concessa a un utente sulla quantità di file che egli ha messo a disposizione con i suoi upload e permettendo a chi scarica di ottenere simultaneamente parti di differenti di un singolo file da fonti diverse, BitTorrent ha sfruttato la potenza di banda degli upload individuali inutilizzati, di cui gli altri network non si servivano. La tecnologia ha preso piede in fretta: alla fine del 2004, BitTorrent, il più popolare protocollo di file sharing per film, ha totalizzato il 30% del traffico Internet complessivo, di cui una grandissima fetta era occupata dai file video. L’avvento e la successiva adozione di BitTorrent può essere davvero preso come un punto di riferimento per verificare cosa succede quando i film possono essere ottenuti via Internet senza pagare.
La questione di come la disponibilità gratuita della proprietà intellettuale influenzi la domanda di quella a pagamento non è ovvia come potrebbe sembrare a prima vista. Le teorie prospettano che la pirateria potrebbe avere un effetto negativo, nullo o addirittura positivo sulle vendite. La ricerca attuale sulla pirateria musicale indica che, in buona parte, essa soppianta le vendite musicali mentre la crescente letteratura riguardante la pirateria cinematografica riscontra un ampia gamma di effetti causati dai download illegali.
Prima di avanzare qualunque ipotesi va sottolineata la difficoltà nell’osservare l’attività illegale – fruizione di film non a pagamento – in modo diretto. La nostra strategia in questo articolo non è quella di misurarla, ma piuttosto di misurare le sue determinazioni indirette, basate sulla tempistica delle uscite cinematografiche nei vari Paesi. Un film è abitualmente disponibile online entro una settimana dalla sua uscita negli Stati Uniti, ma il grado di disponibilità e il numero di download illegali aumenta rapidamente col tempo. Una caratteristica chiave della fornitura online è la sua internazionalità: la fornitura online disponibile ovunque è ugualmente disponibile da qualsiasi altra parte.
In contrasto con l’ubiquità della fornitura non pagata, la fornitura fuori dalla rete – nelle sale – è messa a disposizione con tempi differenti a seconda dei paesi. I film hollywoodiani escono solitamente prima negli Stati Uniti, poi solo più tardi in Francia (diciamo 4 settimane dopo), nel Regno Unito (circa 8 settimane), e così via. Nel tempo che un film impiega per arrivare nelle sale australiane, la fornitura online è abbondante e buona parte delle persone hanno ormai ottenuto il film online illegalmente. La domanda elementare che poniamo, per capire se il download riduca o meno le entrate al box office, è chiedere se il tempo che passa tra l’uscita negli Stati Uniti e l’uscita in un altro Paese – che indirettamente favorisce la quantità di consumo non pagato che avviene prima dell’uscita all’estero – influisca sul fatturato dei box office in vari Paesi stranieri. Ovviamente il tempo trascorso dall’uscita negli Stati Uniti può influire sul fatturato per svariate ragioni. È particolare interesse di questo studio misurare la differenza tra gli effetti di questo intervallo nelle uscite prima e dopo l’adozione di BitTorrent.
Abbiamo riscontrato che più è lungo l’intervallo tra l’uscita negli Stati Uniti e le uscite locali all’estero, più bassi sono i fatturati dei box office locali. Significativamente, questa relazione è diventata più forte dopo la diffusione di BitTorrent: nel 2003-2004, un film distribuito 8 settimane dopo la prima negli Stati Uniti ha entrate più basse di circa il 22% in un determinato Paese, ma questo calo raggiunge quasi il 40% nel 2005-2006. Nel 2003-2004, la relazione tra la lunghezza dell’intervallo nelle uscite e le entrate dei box office non è maggiore per i film di fantascienza o di azione rispetto agli altri, ma nel 2005-2006, con l’aumentare delle settimane d’intervallo, le entrate di questi particolari generi diminuiscono ogni settimana di un 1,3% addizionale rispetto alle perdite per i film di altro genere. Servendoci di questa riduzione dell’1,3% a settimana come stima dell’effetto della pirateria che precede le uscite sulle vendite dei box office, stimiamo che le entrate dei box office internazionali nel nostro campione sono almeno del 7% più basse di quanto sarebbero state in assenza di tale attività di pirateria.
Nel 2004, anno che segue l’uscita di BitTorrent, gli studio hanno incassato 45 miliardi di dollari statunitensi in tutto il mondo, dai 32 miliardi del 2000 e gli 8,5 miliardi del 1980 (calcolando sempre il valore del dollaro al 2004). La fonte di entrate è cambiata radicalmente nel corso del tempo. Il fatturato dei box office rappresentava più della metà delle entrate per gli studio nel 1980, ma occupa solo il 17% delle entrate del 2004. Questo perché, oggi, i film di Hollywood sono distribuiti al box office e in seguito in DVD. Il tempo trascorso tra la distribuzione in sala e quella in DVD viene spesso definita “la finestra di d’uscita del DVD”. Durante questo periodo, di solito, i film sono distribuiti in sala inizialmente solo in pochi Paesi e poi fatti uscire in altri, ovunque con un programma scaglionato da una o due settimane dopo a quindici o venti settimane dopo. Gli Studio impiegano questa programmazione a scaglioni delle uscite per tre ragioni principali. Per prima cosa, il costo per la stampa delle copie è alto: il costo di stampa per un film varia dai 750 ai 1200 dollari per copia, con costi medi per la duplicazione e la spedizione di un film che ammontano al 3,5% del costo complessivo della produzione e distribuzione del film stesso (in generale, è meno dispendioso creare un numero ristretto di copie da riutilizzare in giro per il mondo). Mentre la crescita dei cinema digitali (che non richiedono copie stampate) finirà per ovviare tale logica dell’intervallo, questo fenomeno è più recente, e fino a 5 anni fa, meno di 1000 esercenti negli Stati Uniti e solo 100 a livello internazionale utilizzavano la tecnologia digitale.
Seconda ragione: negli Stati Uniti c’è un’abbondanza di sale cinematografiche, che invece scarseggiano all’estero. Stando ad alcuni studi, le uscite statunitensi possono agire come meccanismo di filtro, facendo sì che il numero relativamente scarso di sale straniere concedano i loro spazi solo a film che hanno riscosso successo negli Stati Uniti. Infine, i dirigenti delle industrie hanno fatto notare che gran parte della promozione dei film all’estero implica la presenza delle star, che naturalmente deve essere scaglionata. Anche questo fattore contribuisce ad allungare l’intervallo tra l’uscita di un film negli Stati Uniti e la sua distribuzione negli altri Paesi. È in questo lasso che i pirati producono copie disponibili online.
La pirateria dei film risale a prima della distribuzione via Internet. Copie rubate o registrazioni pirata fatte nelle sale erano riversate su altri formati, come il VCD o i nastri VHS, e poi distribuite massicciamente sul mercato nero con costi bassissimi. Ma le persone che desideravano ottenere una copia pirata dovevano comunque uscire di casa e pagare un venditore ambulante: computer e internet hanno abbassato il costo di una copia illegale. L’incremento della velocità di trasmissione dati su Internet e i progressi negli algoritmi per la compressione dei film hanno rimosso alcune limitazioni per la pirateria dei film online, ma è stato solo con l’introduzione del protocollo di BitTorrent che questo tipo di pirateria ha preso davvero un’impennata. La tecnologia di BitTorrent ha fatto un uso molto più efficiente della larghezza di banda disponibile, diminuendo significativamente il tempo di trasferimento dei film. Mentre prima ci volevano giorni per scaricare la versione in alta definizione di un film, BitTorrent ha permesso di scaricare quelli più popolari in un paio d’ore soltanto, non molto dopo (e a volte anche prima) la loro uscita nelle sale. Una semplice strategia empirica presuppone che intervalli d’uscita più lunghi riflettano maggiori disponibilità e consumo di materiale illegale piratato.
Come funziona: una volta che qualcuno rende disponibile in digitale il film in qualche luogo, diventa il primo “seeder” del film – ossia colui che mette a disposizione una copia completa. Utilizzando il protocollo BitTorrent, tutti gli utenti che scaricano un film stanno contemporaneamente condividendo/caricando tutte le parti che hanno già acquisito. Quando hanno terminato il download, diventano automaticamente seeder dell’intera copia finché non decidono di chiudere la loro applicazione BitTorrent. Il risultato è che i film hollywoodiani sono spesso disponibili appena prima o subito dopo il loro esordio internazionale, e il numero delle persone che mettono a disposizione il film – così come il numero delle volte che questo viene scaricato – aumenta molto rapidamente. Nel caso di Scrivimi una canzone e Un ponte per Terabithia, distribuiti entrambi negli USA a metà febbraio del 2007, i due film erano già ampiamente disponibili in rete una settimana dopo la loro uscita in sala, con oltre un migliaio di sedders/leechers che condividevano i film. La questione centrale per l’intera questione è dunque: il download di questi film ne danneggia gli incassi al box office?
Gli studi svolti finora non sono in grado di fornire una lettura univoca della situazione. È ormai certo che l’equazione secondo la quale il consumo illegale rimpiazza quello legale e pagato non è corretta. Molto dipende dal valore attribuito da ciascun potenziale spettatore al film in questione: se si ritiene che il costo del biglietto sia superiore al valore del film, il download non rimpiazza un biglietto venduto; ciò accade solo quando la valutazione “eccede” il costo del biglietto: in tal caso si tratta di un guadagno rimpiazzato dal download. In linea di principio, la pirateria può anche essere in grado di stimolare i risultati del box office: c’è chi sostiene che campioni gratuiti informativi favoriscano il consumo legale del prodotto, sia permettendo a potenziali consumatori di farsi un idea e valutare il prodotto in questione che creando “buzz” (interesse, eccitazione) intorno ad esso. Evidentemente, qualunque risultato di queste ricerche è da considerarsi approssimativo, poiché i comportamenti presi in analisi sono considerati illegali o, quantomeno, stigmatizzati come tali.
Il nocciolo della questione – i prodotti più scaricati sono anche quelli che risentono maggiormente negli incassi? – è ancora in esame e la risposta tenderebbe ad essere negativa, quanto meno per ciò che riguarda la fruizione nelle sale cinematografiche. Se è vero che il download influisce pesantemente sulle vendite in DVD (principalmente negli USA, ma non solo), pare che l’effetto sulla vendita dei biglietti non ne risenta allo stesso modo.
Quello che ci interessa capire in questa sede è fino a che punto l’avvento di BitTorrent abbia influito nel rapporto “maggiore distanza nelle release di film americani all’estero = minori incassi internazionali”. Nel 2004, il trend era valutabile in un aumento dell’1,1% rispetto all’anno precedente per ogni settimana di “ritardo” nell’uscita – più alto per i generi maggiormente piratati (film d’azione, di fantascienza: 2%), meno per altri generi (0,7%). La strategia intrapresa dall’industria cinematografica per ovviare alla situazione, è stata, inevitabilmente, quella di restringere il margine di attesa tra l’uscita nazionale e quella internazionale dei film americani: se nel 2004 l’intervallo era di dieci settimane, è diminuito a 7.5 nel 2006, a 6 nel 2007 e a 4 nel 2010. Anche la rapida diffusione delle sale digitali negli ultimi 2/3 anni ha contribuito notevolmente a far diminuire i costi legati alla distribuzione simultanea nel mondo.