Capita a volte che i film siano impregnati della materia di cui trattano. Ne è un esempio Texas Killing Fields, secondo film di Ami Canaan Mann e ritorno al grande schermo dopo dieci anni dall’esordio Morning (nell’attesa la figlia di Michael – qui presente in veste di produttore – ha scritto e diretto alcuni episodi per serie tv, tra cui Robbery Homicide Division e Friday Night Lights).
Texas Killing Fields è un thriller nebbioso, ostico, di non facile lettura, tanto da rischiare di essere facilmente etichettato come un film confuso e incompiuto. Non è così, anche se molte sporcature in fase di scrittura, direzione e montaggio, lo collocano in quella categoria di opere affascinanti ma imperfette (o proprio affascinanti perché imperfette).
La sensazione tuttavia è che la Mann e il suo cosceneggiatore Donald Ferrarone – che prima di impugnare la penna per il cinema, stringeva la pistola in qualità di agente DEA, impegnato sui casi di cui il film tratta – abbiano scientemente voluto gettare lo spettatore in medias res, proprio in mezzo a quella fitta nebbia che avvolge i luoghi e le storie degli abitanti di Texas City. Non si perde tempo a dare spiegazioni né a illustrare i pregressi della vicenda, ma si è subito coinvolti nelle indagini in corso. Semplicemente si condividono lo stesso orrore e angoscia provati dai cittadini della zona, rassegnati da decenni al susseguirsi di misteriose scomparse e macabri ritrovamenti di giovani donne nelle paludi ai confini della città.
I detective Mike Souder (Sam Worthington) e Brian Heigh (Jeffrey Dean Morgan) sono sulle tracce dei responsabili dell’assassinio di una prostituta nella city; la loro indagine – per nulla complessa, data la mole di indizi da subito nitidi che li spinge nella giusta direzione – è però rallentata dalla contemporanea indagine sui casi delle paludi, portata nuovamente alla ribalta dall’ennesima scomparsa. Mike, che è cresciuto nella periferia e si porta ancora dentro quel malessere, cerca di controllare il troppo sensibile collega concentrato sul primo caso, ma Brian, poliziotto “in missione per conto di Dio”, non può evitare di farsi risucchiare dalle paludi nel tentativo di proteggere tutte le pecorelle del gregge e in particolare la piccola Anna (Chloë Grace Moretz). Le due indagini procederanno parallelamente e andranno a risolversi con alterni risultati: il primo, il più semplice, rimarrà un caso ancora aperto con uno dei due malviventi morto e l’altro a piede libero; il secondo vedrà l’eliminazione di tutti i villains (per loro stessa mano e sotto gli occhi passivi della polizia) e la possibile quanto auspicata conclusione degli assassinii seriali.
I detective Mike Souder (Sam Worthington) e Brian Heigh (Jeffrey Dean Morgan) sono sulle tracce dei responsabili dell’assassinio di una prostituta nella city; la loro indagine – per nulla complessa, data la mole di indizi da subito nitidi che li spinge nella giusta direzione – è però rallentata dalla contemporanea indagine sui casi delle paludi, portata nuovamente alla ribalta dall’ennesima scomparsa. Mike, che è cresciuto nella periferia e si porta ancora dentro quel malessere, cerca di controllare il troppo sensibile collega concentrato sul primo caso, ma Brian, poliziotto “in missione per conto di Dio”, non può evitare di farsi risucchiare dalle paludi nel tentativo di proteggere tutte le pecorelle del gregge e in particolare la piccola Anna (Chloë Grace Moretz). Le due indagini procederanno parallelamente e andranno a risolversi con alterni risultati: il primo, il più semplice, rimarrà un caso ancora aperto con uno dei due malviventi morto e l’altro a piede libero; il secondo vedrà l’eliminazione di tutti i villains (per loro stessa mano e sotto gli occhi passivi della polizia) e la possibile quanto auspicata conclusione degli assassinii seriali.
Il resto – i rapporti burrascosi di Mike con la ex moglie poliziotta (Jessica Chastain), i mal affari tra il magnaccia di colore e il biondo tatuato, le difficoltà familiari di Anna e lo squallore delle vite di periferia che la circondano – sono i magnifici rami contorti che descrivono la tetra atmosfera della provincia texana, ma sono soltanto rami morti che non apportano elementi significativi allo svolgimento e alla profondità della trama principale.
Texas Killing Fields è un thriller realizzato da chi ben conosce i meccanismi del genere (alcuni momenti del film – soprattutto quelli con più azione – ricordano le molte buone serie tv che affollano i nostri palinsesti televisivi), ma sa anche svincolarsene. E’ degna di stima, ad esempio, l’evidente e precisa volontà di Ami Mann di sottrarsi alla regola della violenza mostrata con eccessivo compiacimento; la regista infatti non indugia in scene crude e raccapriccianti (nessuno dei corpi delle ragazze uccise è mostrato nella sua sfacciata crudezza), relegando alla sfera sonora il compito di descrivere i momenti più scioccanti. L’orrore non è il sentimento che anima la pellicola, lo è semmai l’angoscia. Un malessere ristagnante e oppressivo (enfatizzato dalle musiche di Dikon Hinchliffe) che crea una cappa dalla quale è difficile uscire senza ferite nel corpo e nell’anima.
Da segnalare infine, a conferma dello stretto legame che la regista ha con il mondo delle serie, la presenza di due volti icona della tv di ieri e di oggi: Sheryl Lee, nel ruolo della madre di Anna, è l’indimenticabile Laura Palmer di Twin Peaks, e Stephen Graham, nel ruolo del violento Rhino, è l’Al Capone di Boardwalk Empire.
Da segnalare infine, a conferma dello stretto legame che la regista ha con il mondo delle serie, la presenza di due volti icona della tv di ieri e di oggi: Sheryl Lee, nel ruolo della madre di Anna, è l’indimenticabile Laura Palmer di Twin Peaks, e Stephen Graham, nel ruolo del violento Rhino, è l’Al Capone di Boardwalk Empire.
Le paludi della morte (Texas Killing Fields), regia di Ami Canaan Mann, USA, 2011, 105′.