Un tempo c’era The Auteurs, ora c’è MUBI, la più importante risorsa mondiale per il cinema d’autore online. Una piattaforma con oltre 3000 film, di cui 400 disponibili sul territorio italiano. Con poco più di dieci euro al mese si accede alla filmografia di Agnès Varda e Pere Portabella, ai film di Peter Tscherkassky e José Mojica Marins, a corti e mediometraggi introvabili, alla collezione Criterion e ai restauri della World Cinema Foundation. Con la possibilità di creare il proprio profilo all’interno del sito e scambiare opinioni e suggerimenti con cinefili di tutto il mondo.
All’ultimo Festival di Cannes abbiamo incontrato il suo fondatore, Efe Cakarel.
Come si è convinto del potenziale successo di un’idea come quella alla base di MUBI in un momento in cui molti sostengono che il cinema sia morto, o quanto meno non remunerativo, particolarmente in riferimento a quello d’autore?
Non credo che il cinema sia morto o che non sia remunerativo. Semplicemente, non gli si sta dando la giusta attenzione in termini di distribuzione o consapevolezza dei media. MUBI intende modificare questo stato di cose offrendo un accesso globale a uno straordinario giacimento cinematografico, diffondendolo per mezzo dell’integrazione con i vari social network esistenti e spingendo i cinefili o chi più generalmente si interessa al cinema a partecipare ai nostri forum di discussione, a leggere le notizie e i commenti critici sulla nostra pubblicazione online e a fare scoperte esplorando il nostro database.
La leggenda vuole che l’idea del sito le sia venuta in un bar di Tokyo, di fronte all’impossibilità di vedere In the Mood for Love sul proprio laptop… Quali sono stati i primi sostenitori dell’iniziativa che ha condotto alla creazione di The Auteurs?
Non è una leggenda, è la pura verità! Ma devo ammettere che sono diventato un vero cinefilo solo dopo aver fondato The Auteurs. Certo, amavo già il cinema e alcuni film e registi in particolare, ma non ero mai stato a Cannes o a Berlino, né mi ero mai messo in cerca di film introvabili. Inoltre, non avevo la minima idea di come funzionasse la distribuzione. Sapevo alla perfezione due cose, però: come creare un applicazione web, dal concetto al design dell’interfaccia, passando per la programmazione; e sapevo come stipulare patti.
Per di più, molte delle persone a cui spiegavo il progetto, in particolare quelle che lavoravano in ambito cinematografico, continuavano a ripetermi che sarebbe stato un fallimento. Dicevano che nemmeno Apple era riuscita a mettere le mani sul listino della Criterion e che tutti quelli che avevano tentato di fare quello che volevo fare io in passato avevano fallito. Ma una cosa che ho imparato presto è che ci sono due motivi per cui la gente ti dice che qualcosa è destinata a fallire: perché è già stata fatta o perché nessuno l’ha mai fatta prima.
Una delle persone più intelligenti che ho avuto modo di incontrare nel corso della mia carriera è Hengameh Panahi, fondatrice e presidente di Celluloid Dreams. L’ho dovuta inseguire a lungo ma quando sono finalmente riuscito ad avere un appuntamento con lei le è bastato poco per decidere di sostenere il nostro progetto e comprendere che condividevamo la stessa idea riguardo le enormi potenzialità offerte da Internet nel rendere i film disponibili a un pubblico molto maggiore che in passato. Celluloid Dreams è stato uno dei primi e più importanti finanziatori di The Auteurs e ha dato un grande contributo per la realizzazione della nostra sede parigina.
Può spiegare in che modo acquisite i diritti dei film? È interessante il fatto che benché MUBI miri a un mercato globale debba agire in maniera specifica all’interno di contesti locali.
Acquisiamo i diritti identificando i proprietari in ogni specifico territorio all’interno del quale intendiamo mostrare il film. Possono appartenere a un distributore locale, a un agente di vendita internazionale, a un produttore o al regista stesso; oppure possono essere misteriosamente avvolti all’interno di complicazioni legali. I nostri contratti sono temporanei ma vengono rinnovati in continuazione. Altre acquisizioni sono strettamente temporanee, come quando stabiliamo una partnership con un festival per programmare su MUBI alcuni dei film in cartellone nella manifestazione, limitatamente alla durata dell’evento.
Non direi, in realtà, che miriamo a un mercato globale: puntiamo a riunire a livello globale mercati locali – voi potete vedere ciò che mostriamo limitatamente all’Italia, ma potete discutere con un utente argentino, scoprire che quanto sta guardando qualcuno in America è molto vicino ai vostri gusti o leggere di un bellissimo film che è appena uscito in Giappone. Il cinema sarà sempre territorialmente specifico dal punto di vista della fruizione immediata, ma intendiamo essere globali sul piano del coinvolgimento, riunire i cinefili dovunque si trovino.
Organizzate ancora retrospettive sul sito in collaborazione con Criterion? So che avete un vero e proprio comitato di selezione: da quante persone è composto e come lavora?
Criterion non si occupa più delle retrospettive dei loro film su MUBI. Abbiamo un piccolo team di acquisizione che esplora le programmazioni dei festival e i cataloghi alla ricerca di titoli che pensiamo potrebbero piacere al nostro pubblico, così come di film, vecchi e nuovi, distribuiti o meno, che meritano di essere visti. Credo nelle squadre ridotte: nei team ristretti c’è meno formalità, meno paura, ma anche più flessibilità, più rapidità e un migliore utilizzo delle risorse a disposizione. Non assumiamo molte persone ma quando lo facciamo ci serviamo sempre dei migliori. Credo sia il modo migliore di mettere in piedi un’organizzazione: collaboratori di serie A ti spingono ad assumerne altri di serie A. Collaboratori di serie B ti portano collaboratori di serie C. Ogni volta che possiamo, poi, siamo pronti ad accogliere suggerimenti da parte della nostra comunità.
Nel nostro Paese la distribuzione per il cinema d’autore è piuttosto difficoltosa e nessuno sembra credere che abbia un futuro. Avete messo in atto una strategia specifica per l’Italia? Che contatti siete riusciti a stabilire?
Stiamo cominciando a focalizzare l’attenzione sull’Italia soltanto adesso e siamo in fase preparatoria sia per quanto riguarda le acquisizioni che la promozione. Ma siamo assolutamente convinti di poter dare un contributo efficace al sostegno del cinema che vi si produce per mezzo di MUBI.
Quali tipi di film pensate potrebbero funzionare su MUBI, sia a livello del mercato italiano che di quello internazionale?
Può sembrare la risposta più semplice ma è proprio così: vogliamo sempre il meglio. Quindi, in termini specifici di cinematografia italiana, ci interessano i classici che tanti già amano così come gli ultimi lavori dei talenti emergenti. La nostra linea è piuttosto basilare ma produce ottimi risultati, poiché ci concede di spaziare dal cinema più sconosciuto a quello mainstream.
Quali sono i passi successivi nello sviluppo di MUBI? Pensate che le piattaforme VOD costituiscano una possibilità di finanziamento per il cinema?
Il nostro piano, da sempre, è rendere più accessibile il grande cinema – lungi da noi voler banalizzare l’arte: per “accessibile” intendo procurare ai film che la meritano un’audience sempre più numerosa –, dunque i nostri prossimi passi saranno esportare la piattaforma all’interno della telefonia mobile e arricchire le nostre library, mettendo a disposizione un numero sempre maggiore di film in sempre più Paesi. Spesso, purtroppo, uno degli ostacoli da superare è legato alla paura e all’ignoranza nei confronti del VOD, anche da parte di molte persone interne all’industria che, in questo modo, non fanno che alimentare il conservatorismo nei confronti della distribuzione online. Dimenticano che stimolando questo tipo di diffusione si possono offrire i film a un pubblico che non sempre è in grado di vederli. Quanto alla produzione è qualcosa che abbiamo in mente di fare ma non siamo ancora pronti per affrontarla.
(intervista realizzata nel maggio 2011)